C’è un vecchio detto cinese che recita “se vuoi diventare ricco, prima di tutto costruisci una strada”. La provincia del Guizhou, una delle più povere del paese, sembra essere in procinto di riadattare la saggezza cinese ai tempi moderni. Lo scorso 19 luglio, il governo locale ha annunciato il raggiunto accordo con la società californiana Hyperloop Transportation Technologies (HTT) per la costruzione di un tracciato ferroviario nella cittadina da Tongren, che prevede l’utilizzo della tecnologia futuribile hyperloop vagheggiata dal Ceo di Tesla Elon Musk fin dal 2012.

“L’iperanello” prevede il trasporto ad alta velocità all’interno di tubi a bassa pressione in cui le capsule sono spinte da motori lineari a induzione e compressori d’aria. Un sistema che dovrebbe riuscire ad assicurare una velocità di percorrenza di oltre 1.200 chilometri orari. Fantascienza anche per il Paese che vanta la rete ad alta velocità più capillare al mondo. Con un’estensione che nel 2017 ammontava a circa 25mila chilometri, le ferrovie intercity cinesi al momento supportano una velocità massima di appena 350 chilometri orari, anche se progettate per raggiungere 400 chilometri orari. Quanto riescono a toccare le due maglev (treni a levitazione magnetica) al momento in funzione a Shanghai e Changsha.

Lo scorso anno la statale China Aerospace Science and Industry Corp (CASIC) aveva annunciato l’inizio di studi di fattibilità per la realizzazione di una maglev con tecnologia hyperloop nella città di Wuhan. Prima azienda cinese – e terza a livello mondiale dopo HTT e Hyperloop One – a lanciarsi nella produzione dei “treni volanti“. L’ultimo stadio del piano dovrebbe vedere l’utilizzo delle conoscenze acquisite per la costruzione di un network internazionale da 4.000 chilometri all’ora. Chiaro riferimento all’amata Belt and Road, la cintura economica con cui la leadership cinese ambisce a rilanciare l’economia delle remote province centro-occidentali agganciandole al resto del mondo grazie alla costruzione di infrastrutture all’avanguardia.

Il progetto in corso nel Guizhou – di cui si ignorano le tempistiche – prevede l’istituzione di una partnership tra il governo della città di Tongren e HTT, che contribuiranno economicamente ognuno per il 50% del costo iniziale: 10 miliardi di yuan (1,5 miliardi di dollari). Le due sussidiarie della statale China Railway Construction Corp, China Railway Maglev Transportation Investment and Construction Co e China Railway Fifth Survey and Design Institute Group, parteciperanno a loro volta ai lavori di costruzione, che verranno divisi in due fasi: la prima, di 10 chilometri, interesserà il collegamento tra la città e l’aeroporto. La seconda – che verrà realizzata solo in caso di successo della prima tratta – si estenderà per 50 chilometri dal centro cittadino al monte Fanjing, una delle località turistiche più famose di Tongren.

Un bel colpo per il Guizhou, una delle province più arretrate della Cina ma con conclamate ambizioni tecnologiche grazie alle sue temperature fresche e all’abbondanza di risorse idriche. Proprio qui la Apple ha stabilito il propio data center per allinearsi alle politiche nazionali sulla cybersicurezza, che impongono l’archiviazione dei dati degli utenti cinesi entro i confini della Repubblica popolare. Lo stesso è in procinto di fare WeChat. Ma per Pechino c’è in gioco molto di più. Come spiega al Global Times Sang Baichuan, direttore dell’Institute of International Business presso la University of International Business and Economics, il caso di HTT dimostra come molte aziende americane ambiscano a ritagliarsi uno spazio nel ciclopico progetto Belt and Road. “Purtroppo spesso non sono in grado di farlo a causa della strategia del governo americano,” chiosa il tabloid in lingua inglese, ricordando come i tentativi di realizzare un supertreno hyperloop tra San Francisco e Los Angeles siano falliti.

La partnership tra la compagnia californiana e il Guizhou giunge mentre sull’altra sponda del Pacifico infuriano le polemiche sul presunto trasferimento di tecnologia a cui sarebbero obbligate le società statunitense operanti oltre la Muraglia. Le politiche industriali disinvolte messe in atto da Pechino sono alla base della guerra tariffaria in corso tra le due superpotenze. Oltre alla negata reciprocità per il business d’oltremare, a indispettire Washington è soprattutto la famigerata strategia industriale nota con il nome di “Made in China 2025” e con cui la Cina punta a creare un’economia interna in grado di trainare il Paese attraverso l’innovazione e l’utilizzo di nuove tecnologie oggi appannaggio degli Stati Uniti. Con intenti amichevoli, da qualche tempo l’establishment cinese ha spostato il focus sulla possibilità di sfruttare il piano per avviare nuove sinergie con “l’Inc. globale”. HTT non se l’è fatto ripetere due volte.

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