Nel settembre dello scorso anno sono stato sottoposto a una operazione all’anca sinistra con l’inserimento di una protesi. Forse sono stato incauto nel non chiedere il parere di un altro ortopedico, dato che i miei fastidi erano molti limitati: nel mese precedente, essendo in vacanza in Austria e avendo fatto una escursione in montagna di oltre tre ore, avevo solo avvertito una fitta all’anca e il medico del paese mi aveva praticato una iniezione disinfiammante; nelle settimane successive, ero stato in Abruzzo, dove ogni giorno facevo una camminata di circa un’ora e mezza, senza alcun problema.

Tornato dal mio ortopedico ai primi di settembre con una nuova radiografia, mi sono attenuto al suo parere (“ora è arrivato il momento di operare”) perché egli mi aveva visitato altre due volte negli anni precedenti, la prima volta (2014) dicendomi che non avevo alcun problema, la seconda (2016) suggerendomi solo qualche seduta di fisioterapia. Non è dunque certamente uno dei medici/incauti (o, peggio, approfittatori) che ti operano senza alcuna reale necessità, a condizione che tu abbia una buona assicurazione.

Superata l’operazione e dopo tre mesi di fisioterapia, ho purtroppo dovuto registrare un aumento notevole del mal di schiena, divenuto praticamente permanente, per cui la mia possibilità di camminare – fino a pochi mesi prima di almeno tre ore – si è ridotta enormemente, con l’aggravante di dovermi fermare spesso per far scemare il mal di schiena. Non vorrei drammatizzare, ma posso dire che da persona attempata ma perfettamente valida sono diventato “un mezzo invalido”. Questo mi ha provocato un periodo di depressione, aggravato dal fatto che mi è stato “vietato” l’uso della bicicletta e del motorino: un divieto spiacevole il primo, una vera tragedia il secondo perché fin dai miei 20 anni ho sempre girato esclusivamente in motorino per Roma.

Nei colloqui avuti con il mio ortopedico prima dell’intervento, egli mi ha avvertito del fatto che questo tipo di intervento registra un risultato negativo di circa il 5%, ma solo in metà di questi casi si rende necessario ripetere l’operazione. Non mi ha invece detto che una delle conseguenze più frequenti è l’allungamento della gamba operata, che provoca una dismetria che nel mio caso è stata di un centimetro e mezzo. Conseguentemente, appena ho cominciato a muovermi per casa, mi sono accorto di zoppicare e ho dovuto provvedere a rialzare di un centimetro e mezzo le scarpe destre, o a usare una suoletta di questa altezza.

Dopo cinque o sei mesi dall’intervento, sono andato dall’ortopedico (con una nuova radiografia) per una visita di controllo. Ha trovato che la protesi è a posto, ma ha avuto notevole difficoltà a spiegarmi le ragioni del mio accresciuto e permanente mal di schiena. Quando il nostro colloquio si è fatto piuttosto teso, il dottore mi ha spiegato che prima dell’intervento la mia anca malandata e la mia malandatissima colonna vertebrale avevano trovato “un miracoloso equilibrio”, che mi salvava da eccessivi dolori di schiena: equilibrio perso a seguito del diverso assetto dell’anca. È un fenomeno – ha aggiunto – che si verifica sovente. A questo punto gli ho chiesto perché non mi aveva avvertito prima di questa possibilità, visto che in tal caso avrei come minimo rinviato l’intervento. Il tono della conversazione si è alzato e il medico ha preferito andarsene con aria indignata.

Sono passati quasi 10 mesi dall’operazione e non vedo purtroppo significativi segni di miglioramento. Anzi, comincio ad avvertire qualche disturbo all’anca destra, che non mi ha mai dato alcun problema. Mi sono ormai rassegnato ma ritengo giusto aprire una riflessione pubblica su questo tema. E dato che intendo organizzare per l’Associazione Luca Coscioni – di cui sono da 15 anni un dirigente – gli “Stati generali della Sanità”, inserirò, fra i molti temi previsti nel programma, quello del consenso informato, su cui interverrò per fare della mia piccola vicenda un “case history.

In particolare, racconterò come nel formulario di consenso informato che mi è stato fatto firmare prima della operazione non si accenna né all’allungamento della gamba operata e al conseguente stato di zoppia che ne consegue né tanto meno al possibile crollo dell’equilibrio fra diverse infermità provocato dalla dismetria. Sono invece indicate tutte le possibili e le più tremende conseguenze della operazione, fino a situazioni che potrebbero portare “alla amputazione dell’arto” o “alla morte”. Tanto per non farci mancare nulla.

Mi è così tornata in mente la prima volta (molti anni fa) in cui provai a leggere il “bugiardino” di un banale medicinale, in cui si elencavano tutte le possibili conseguenze collaterali del farmaco e a un certo punto si diceva (cito a memoria ma a colpo sicuro): “In caso di improvvisa cecità si consiglia di consultare subito un medico”. Così alcuni settori della nostra sanità rendono praticamente inutili le norme sulla trasparenza e sul consenso informato faticosamente varate dal Parlamento: un tema che mi auguro l’Associazione Coscioni affronterà con la consueta fermezza, assieme a quello, non meno grave, della cosiddetta “medicina difensiva”.

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