Esimio (si fa per dire) Alfio Bardolla, non appena ho letto la sequela di amenità che ha avuto il barbaro coraggio di pronunciare nel corso dell’intervista pubblicata lo scorso 30 maggio su Huffington Post – intervento ripreso lunedì 2 luglio dalla pagina Facebook di Repubblica.it con tanto di applausi e urrà – ho chiaramente avvertito l’urgenza di risponderle e di farlo senza troppi fronzoli, nel modo più diretto e immediato possibile: quanto da lei affermato infatti non è, come le sarebbe piaciuto far apparire, impopolare. Impopolari erano le posizioni di intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Umberto Eco, personaggi in grado di analizzare la realtà con quella profondità, quell’acume e quella complessità che lei ha candidamente mostrato di non possedere affatto.

Già, perché uno che afferma, testualmente, che “se una persona guadagna mille euro al mese è perché non vale più di mille euro al mese”, non solo mostra una boria e un elitarismo di mariantoniettiana memoria (ricorda il popolo che aveva fame e le brioches, ecco, legenda o meno che fosse, esattamente quello), ma in più e cosa ancora più grave, manifesta una totale incapacità di comprendere il proprio tempo, di porlo in relazione con la storia passata e, non ultimo, di capire che, in un’enorme quantità di casi, chi guadagna poco è semplicemente poco disposto, per via della propria indole, a scendere a compromessi che in taluni casi implicano anche il danneggiamento delle altrui esistenze. Riesce a comprendere?

Le rispondo inoltre da insegnante, facendole presenti un esiguo numero di punti:

1. Se avesse pronunciato le parole: “Il calciatore ha un grosso valore di mercato perché la sua figura impatta su milioni di persone. Al contrario, l’insegnante (…) produce impatto solo su classi scolastiche di 15-20 ragazzi”, se avesse pronunciato tali parole in un qualsiasi altro periodo storico, per esempio negli Sessanta o Settanta del secolo scorso, avrebbe fatto fatica a uscire di casa fin dal giorno seguente la pubblicazione dell’intervista.

2. Un qualsiasi insegnante “impatta”, come lei ama pronunciare, non su classi di 15-20 ragazzi (il che vorrebbe dire che il governo avrebbe finalmente risolto il principale dei problemi dell’istruzione pubblica, ossia quello delle classi pollaio, ne ha mai sentito parlare?), ma di 25-30 alunni: ha la minima idea di cosa significhi insegnare in queste condizioni?

3. il concetto di fondo che sottende il suo ragionamento fa leva su un calcolo meramente quantitativo, tralasciando completamente la qualità e cioè, tradotto in parole semplici, quella cosa chiamata cultura senza la quale sia lei che io continueremmo ancora oggi a vivere all’interno di buie caverne o, bene che vada, in villaggi di capanne in mezzo al fango. Questo solo in qualità di promemoria per quelli che, come lei, fanno evidentemente fatica a comprendere quanto importante sia il mestiere di chi trasferisce conoscenza, sapere e istruzione.

Perché vede, per dirla in parole povere, non saranno i calciatori a salvare il mondo, ma gli insegnanti, i medici e tutti coloro i quali non svolgono una funzione di mero intrattenimento: è questo il motivo principale per cui una società che produce una tale disparità di trattamento economico non è per nulla meritevole di dirsi equa e, di conseguenza, democratica. Una società, la nostra, talmente iniqua e talmente immemore dei valori fondanti di qualsivoglia collettività autenticamente e sinceramente democratica da consentire a quelli come lei di trattare i propri dipendenti con una tale disparità retributiva da far accapponare la pelle: “Nella mia azienda ci sono persone pagate mille e 300 – mille e 400 euro al mese e ce ne sono altre che percepiscono stipendi da 25mila euro (…) queste persone esprimono un valore diverso”, queste sono parole sue Bardolla, non si vergogna neanche un pò?

Ebbene, infine e per non farla troppo lunga, le sarebbe forse piaciuto essere impopolare, perché impopolari sono molte volte personaggi meritevoli di attenzione e approfondimento: lei, più semplicemente, ha invece dimostrato di non appartenere a questa categoria. Perché sa, non saranno i soldi che ha in banca e renderla una persona migliore e se il suo valore di mercato potrà attestarsi su svariati milioni di euro quello umano, culturale ed esistenziale la colloca definitivamente nell’olimpo dei poveretti. Distinti (neanche troppo) saluti.

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