Mentre la procura antimafia di Palermo chiede una volta per tutte l’archiviazione delle indagini sui presunti collegamenti tra le ong che operano soccorsi in mare e trafficanti perché inesistenti e, non solo, sancisce che l’operato di queste ong è perfettamente in regola con le leggi italiane; mentre Juncker corre in aiuto a Merkel con il suo “summit” di domenica per permettere a Seehofer, il ministro (Csu) degli Interni, di rispedire i richiedenti asilo da dove sono arrivati con un bollino a dodici stelle, in Ungheria il grande amico e modello di Salvini e Meloni, Viktor Orbàn, fa approvare da un Parlamento di cui detiene i due terzi della maggioranza una serie di leggi che criminalizza l’aiuto umanitario ai richiedenti asilo e che sposta ancora più il paese verso un sistema autoritario e xenofobo.

Le nuove leggi vanno dal divieto di manifestare davanti ad abitazioni private a causa del “diritto alla quiete”, cosa che può essere utilizzata per vietare ogni tipo di manifestazione davanti al Parlamento, all’ancoraggio nella Costituzione (laica) ungherese della “protezione della cultura cristiana”, fino all’istituzione di speciali corti amministrative in materia, fra le varie, di processi alla stampa, formate da membri nominati direttamente dal governo (e quindi da Fidesz, il partito di Orbàn).

Altrettanto preoccupante è il pacchetto di leggi dal nome eloquente “Stop Soros”. Sì, il solito magnate americano spauracchio dell’estrema destra in Europa, che sarebbe (secondo loro) il mastro burattinaio che muove le fila di tutte le migrazioni, che ha deciso ormai da tempo di spendere le sue ingenti risorse per finanziare istituzioni e ong che sostengono l’istruzione e la pratica democratica in molti paesi, in particolare dell’Est Europa. Anche Orbàn, peraltro, ha potuto approfittare della sua generosità in tempi lontani.

Inoltre, in questo pacchetto legislativo si istituisce il reato penale di aiuto alla “immigrazione illegale”, punibile con il carcere. Chiunque, individuo o ong, sia scoperto a far “propaganda” per l’immigrazione (il che include anche solo parlarne in toni positivi) o aiutare migranti irregolari a iniziare le procedure per richieste di asilo, potrà essere perseguibile penalmente (fino al carcere di un anno). Vengono inclusi qui anche richiedenti asilo provenienti da paesi terzi considerati sicuri, come, ad esempio, la Serbia, il confine con la quale era stato chiuso proprio da Orbàn. Inoltre, è stata sancita una tassa del 25% su qualunque finanziamento a qualunque tipo di attività considerata a sostegno dell’immigrazione, anche se proveniente dall’estero.

Infine, è passato un emendamento costituzionale che rende illegale la “ricollocazione di popolazioni aliene in Ungheria”, ossia, essenzialmente, di migranti: ciò de facto era già illegale, ma ora si tratta del rifiuto assoluto e netto di qualsiasi opzione di soluzione europea e di accettazione di una sovranità condivisa e legittima nella gestione di rifugiati e migranti; questo, peraltro, è un trend presente non solo in questo settore ma in tutti i settori di competenza europea e che si sta diffondendo a macchia d’olio. In soldoni, fate pure come vi pare, tanto in Ungheria migranti non ne prendiamo e se una legge europea non ci piace per noi non esiste. Quest’ultima è la posizione unanime di tutto il gruppo di Visegrad e l’intenzione è chiara: lo smantellamento della UE come spazio comune di norme e leggi in alcuni settori e di valori uguali per tutti.

Il fatto che Orbàn abbia messo un tale approccio in Costituzione, significa mettere in totale contrasto l’Ue, della quale fa parte, e la sovranità ungherese. A differenza degli inglesi, Orbàn e i suoi non hanno nessuna intenzione di uscire dalla Ue: la vogliono cambiare dall’interno e renderla un insieme impotente di nazioni ostili e chiuse. E nel contratto giallo-nero fra 5 Stelle e Lega si parla specificamente di questa possibilità; sebbene le alleanze di Salvini con Orbàn, Seehofer e Kurz sembrino assurde (perché quelli vogliono che i migranti ce li teniamo noi), in realtà c’è una logica molto chiara, quella della fine del sogno europeo perché percepito come un progetto che va bene per paesi come la Germania (o, per meglio dire, la ex Germania occidentale), e pochi altri e non, appunto, come un orizzonte condiviso fra persone che amano la cultura, la pace e la coesione. Queste sono le scelte che dovremo fare nei prossimi giorni e mesi e che non appartengono solo al governo, ma a tutti noi.

L’opposizione e la resistenza che dobbiamo costruire deve essere transnazionale, europea, perché la minaccia nera non è solo per l’Ungheria o l’Italia: punto per punto, sullo stato di diritto, sulla forza di politiche comuni. Questi partiti vincono perché fanno leva su paure e insicurezze vere, dettate da fragilità economiche, aumento della povertà, corruzione, evasione fiscale, criminalità organizzata. Sono queste le vere minacce, non i migranti. Non i 3.555 rifugiati che vivono in Ungheria. Non le navi che salvano migranti in mare e li fanno sbarcare in Italia, una delle 7 economie più forti al mondo, un paese di oltre 60 milioni di abitanti.

La scelta di Orbàn è chiara. Sta anche a noi scegliere se quello sarà il cammino della nuova Europa o solo un rigurgito del passato da rinchiudere a chiave al più presto nell’armadio della nostra storia più buia.

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