La crescita più bassa tra i 28 Paesi Ue: solo +1,2% nel 2019 dopo il +1,5% previsto per il 2018, a pari merito con il Regno Unito alle prese con le trattative per la Brexit. E “sforzi strutturali pari a zero“, a fronte di un aggiustamento dello 0,3% del pil chiesto da Bruxelles. Le previsioni economiche di primavera della Commissione europea attestano che l’economia italiana arranca, rimanendo fanalino di coda d’Europa. Escludendo Londra, il resto della Ue l’anno prossimo crescerà in media del 2,2%: un punto in più rispetto alla Penisola. La zona euro è data a +2,3% quest’anno e +2% nel 2019. Per non parlare delle performance di Irlanda (+5,7% quest’anno, +4,1% il prossimo) e Malta (rispettivamente +5,8% nel 2018 e +5,1% nel 2019). In aggiunta, come sottolineato dal commissario agli affari economici Pierre Moscovici, il governo uscente non ha rispettato i patti per quanto riguarda la riduzione del deficit/pil in termini strutturali, cioè al netto del ciclo economico.

“Questi sono fatti che emergono dalle nostre previsioni e possiamo anche trarne delle conclusioni in termini di sorveglianza dei conti“, ha anticipato Moscovici, ma non è una lezione da trarre oggi, ne parleremo nel pacchetto di primavera” del 23 maggio. Sullo stallo in cui versa la politica italiana il commissario si è limitato a un “no comment”, pur affermando di mantenere “la speranza che l’Italia resti al centro della zona euro e che continui a rispettare le regole che tutti abbiamo concordato”.

Sulla situazione dell’Italia, ma anche su quella dell’intera Unione, pesa “l’incertezza sulle politiche” che “è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili e intaccare il sentimento economico e i premi di rischio“, scrive l’esecutivo comunitario nel capitolo dedicato al nostro Paese, per il quale “i rischi per le prospettive di crescita sono diventati più inclinati verso il basso”. Nel 2019 sono previste in tutta l’Ue “strozzature che diventano più evidenti in alcuni paesi e settori, dell’adeguamento della politica monetaria alle circostanze e di un certo rallentamento della crescita del commercio mondiale“.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro italiano “i trend positivi iniziati nel 2015, continueranno”, con l’occupazione che crescerà “in linea con l’attività economica ma anche beneficiando degli sgravi di tre anni per l’assunzione dei lavoratori giovani“. “Grazie all’aumento della partecipazione – si legge ancora – la disoccupazione scende” a 10,8% nel 2018 e 10,6% nel 2019. Ma l’Europa è ancora lontana: nella zona euro dovrebbe scendere dal 9,1% nel 2017 all’8,4% nel 2018 e al 7,9% nel 2019. Nella Ue, invece, sono attesi cali dal 7,6% del 2017 al 7,1% nel 2018 e al 6,7% nel 2019. Cifre che sono ora “attorno ai livelli pre-crisi“. E anche l’occupazione è a livelli record, con “il numero di occupati nell’eurozona al picco più alto dall’introduzione dell’euro” ma “restano alcune sacche sui mercati del lavoro”. In alcuni Paesi, infatti, “la disoccupazione è ancora alta, in altri i posti lavoro stanno già diventando più difficili da riempire”.

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