“Hanno impostato una trattativa violenta, con minacce e ultimatum. Vogliono mettermi con le spalle al muro: o dico sì al governo con i grillini o c’è il muro, cioè le elezioni. Ma io scelgo il muro, cioè le elezioni. Tanto io in Parlamento torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire. Sono pronto a trattare pure con Belzebù, ma certo non ho paura di chi nelle trattative politiche si comporta come sul web, con i metodi delle baby gang“. Sono i commenti attribuiti dal Giornale a Matteo Renzi, che avrebbe “comunicato agli amici” queste valutazioni rispetto all’ipotesi – che per l’ex segretario dem è da escludere – di un esecutivo M5s-Pd. Prospettiva che il presidente della Camera Roberto Fico cercherà di concretizzare con il nuovo giro di consultazioni partito oggi nell’ambito del mandato ricevuto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.

Il giorno dopo il “sondaggio” dell’ex premier tra i fiorentini sull’opportunità di un accordo, Yoda – alias Augusto Minzolini – sulle pagine del quotidiano berlusconiano dà conto anche di come Renzi si senta forte dei calcoli al pallottoliere sui voti in direzione Pd e in Parlamento. Non a caso, come ricorda La Stampa, ha fatto convocare per mercoledì 2 maggio, lo stesso giorno in cui si terrà la direzione (ma oggi si è saputo che slitterà al 3) una riunione del gruppo al Senato dove i numeri sono a suo favore. “Per fare un governo con i grillini”, è la riflessione che gli attribuisce il Giornale, “non basta avere il 51% della direzione, devi assicurarti almeno l’85% dei gruppi parlamentari. Numeri che non avranno mai, specie con la rivolta che c’è nel partito”.

L’ex segretario: “Possiamo dare il Paese ai giustizialisti?” – Secondo il Giornale, il senatore di Rignano imputa a chi ha aperto al dialogo di aver impostato male la trattativa, o di puntare solo a mantenere salda la poltrona. E annota che tra i “colpevoli” verrebbe annoverato pure il Colle, che “ha accelerato i tempi del confronto e non ha impedito che i grillini usassero l’arma di ricatto delle elezioni”. Insomma, Renzi si sente messo al muro da “minacce, ricatti e ultimatum”, per di più da parte di quelli che – annota Yoda – giudica “giustizialisti” per le reazioni alla sentenza palermitana sulla trattativa Stato-mafia.

Pd spaccato. Bindi: “Valutare accordo ma non sulle poltrone” – Il Pd però è spaccato, con il reggente Maurizio Martina schierato tra gli aperturisti insieme – come riporta il Corriere – al governatore pugliese Michele Emiliano, al deputato Francesco Boccia e ai compagni di corrente, da Dario Ginefra a Beppe Lumia. E anche Dario Franceschini, Piero Fassino, Andrea Orlando, Graziano Delrio e Anna Finocchiaro, tra gli altri, spingono per il confronto. Per Rosy Bindi, intervistata da Repubblica, “prima vengono gli interessi del Paese, poi quelli del Pd. Perciò penso che occorra valutare se un accordo con i 5Stelle sia possibile. Ma attenzione, non è che si vanno a vedere le carte in nome di un nobile motivo e poi lo si trasforma in un accordo di potere, sulle poltrone, sul numero dei ministeri, su chi va a Palazzo Chigi e chi no”.

Scalfarotto: “Distanza enorme sui valori, nascerebbe mostro incomprensibile” – Contrari invece i fedelissimi renziani Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Matteo Orfini, Michele Anzaldi, Simona Bonafè, Silvia Fregolent, Alessia Morani, Alessandra Moretti. Ma anche il ministro dello Sviluppo uscente Carlo Calenda che ribadisce: “Tra noi e il M5S c’è una distanza siderale, bisogna avere un minimo comune denominatore”. Un’alleanza con M5s “sarebbe un voltafaccia ai nostri elettori”, dice dal canto suo Anzaldi in un’intervista al Foglio. “Per tutta la campagna elettorale abbiamo detto ‘mai con gli estremisti‘ e ora ci alleiamo con chi non soltanto ci ha dato per cinque anni dei ladri, dei mafiosi e via insultando, ma ha anche un programma che è opposto al nostro? Credo che nessun elettore Pd capirebbe. Basta vedere come reagiscono i nostri militanti sui social, ma lo stesso avviene con le persone nei bar o per strada”.

“A un governo con i grillini sono decisamente contrario, e non solo per le differenze programmatiche. Esiste una distanza enorme sui valori“, aggiunge il deputato dem Ivan Scalfarotto intervistato da Repubblica. Dall’intesa tra Pd e M5S “verrebbe fuori un mostro incomprensibile per gli elettori di entrambe le forze”. “Poche ore fa ero in piazza per il 25 aprile, a Milano. Non c’era una bandiera dei Cinquestelle. Come dice Di Battista, per loro fascismo e antifascismo sono categorie superate. Per noi no, la libertà deriva dalla Resistenza”. “Io sono per rispondere no all’offerta di Di Maio”, commenta Sandro Gozi. “I dieci punti dei Cinque Stelle saranno anche di buon senso. Ma loro sono per abolire il Jobs act? Bene, noi no. Loro sono per l’abolizione della riforma Fornero? Noi no”.

Il Corriere attribuisce anche a Paolo Gentiloni la valutazione che un accordo con M5s è “implausibile“. Ma in mattinata fonti di palazzo Chigi hanno smentito le frasi sulle “scelte che attendono il Partito democratico”.

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