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Luigi Di Maio tranquillizza, ma le sue parole no

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Non è una novità, perché di acqua sotto il ponte del populismo pentastellato ne è passata tanta e l’erosione è già profonda. Ma la frase più importante pronunciata da Luigi Di Maio nelle dichiarazioni alla vetrata, la frase in assoluto più importante di tutte quelle pronunciate in questo primo giro, è stata: “Con noi al Governo ci tengo a ribadire, come detto per tutta la campagna elettorale, che l’Italia manterrà gli impegni internazionali già assunti. Resterà alleata dell’occidente, resterà nella Nato, nell’Unione europea e nell’unione monetaria”. Di fatto o si tratta di una maskirovka, al cui confronto impallidiscono tutte le strategia putiniane, oppure dell’equivalente della messa parigina di Enrico di Navarra.

Perché la frase significa che nulla del programma economico e sociale dei 5 stelle potrà davvero essere realizzato. Significa tsiprizzarsi perfino prima di aver fatto finta di dare la battaglia. Perché la battaglia è quella per riprendere l’agibilità politica del nostro Paese. Altrimenti si è gauleiter dei poteri bruxellesi e berlinesi, come fu Monti, oppure modesti Petain alla Enrico Letta o Matteo Renzi, sempre costretti a correre a rapporto col cappello in mano per ottenere un paio di decimali di elasticità, pronti, in cambio, a organizzare le retate al Vel d’Hiv dei pensionati o dei lavoratori dipendenti. E l’agibilità politica non ci può essere finché non verrà spento quel pilota automatico che Draghi ci aveva imposto giusto una legislatura fa.

Non è un caso che il Sole 24 Ore ricordi a chi di dovere che il pilota automatico è talmente penetrato nel meccanismo di governo che nelle mani di Mattarella c’è l’arma fine del mondo: il rinvio alle camere delle leggi di spesa in base al rinnovato articolo 81. Certo il Sole si affretta a ricordarci che l’articolo sciaguratamente inserito nella nostra carta nel 2012, il frutto più avvelenato del Montismo-Bersanismo, prevede deroghe. Ma riguardano eventi fuori del controllo dei governi o particolari crisi economiche. E oggi il nostro Paese, sia pure stentatamente, cresce. Quindi non c’è modo di sottrarsi al consueto passaggio sotto le Forche Caudine dei vari Moscovici, né di realizzare politiche di spesa statale che non siano in grado di ripagarsi sull’unghia del bilancio 2018-2019. Ma Di Maio tranquillizza, rassicura. Gli impegni saranno mantenuti. Chissà di cosa si preoccupano Pd e Berlusconi?

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