Bologna la rossa (per i mattoni), la dotta (per la più antica università), la grassa (per la cucina) e ora potremmo aggiungere la stronza.

Sia chiaro, il capoluogo dell’Emilia Romagna resta uno dei luoghi più affascinanti del nostro Paese ma i suoi amministratori ce l’hanno messa tutta a renderla una città per nulla accogliente ai turisti o a chi la frequenta per necessità.

Andare a Bologna, magari per lavoro o magari per visitare la 55° edizione della Fiera del libro per ragazzi, è un po’ come uscire con un ragazzo o una ragazza bellissimo/a, con quell’aria da intellettuale di sinistra, i discorsi filosofici su Antonio Gramsci e Karl Marx ma un carattere da stronzo/a.

Bologna è diventata così: arrivi in città e devi sapere tutto di “Sirio” e “Rita” altrimenti sei fregato. Non sto parlando di due compagni partigiani ma delle telecamere che controllano gli accessi nella zona a traffico limitato e delle altre che vigilano sulle corsie preferenziali.

Siccome vieni da Milano e non conosci come funziona a Bologna chiami l’ufficio preposto della polizia locale. Risponde qualcuno? No. Allora riprovi ma nulla da fare. A quel punto premi “1”: chi risponde si occupa di pronto intervento ma almeno un interlocutore lo trovi. Lì ti spiegano che se anche acquisti il pass per l’accesso potresti non essere autorizzato perché ogni giorno sono solo 250 gli accessi consentiti.

Il rischio è quello di spendere sei euro di pass per ritrovarsi come risposta “non autorizzato”. Non solo. Bologna non è Milano dove il pass lo trovi in ogni edicola. O vai alla stazione – dove per parcheggiare ed entrare all’ufficio preposto rischi la multa – oppure devi metterti alla caccia della tabaccheria che li vende. E buona fortuna!

Risolto questo problema pensi che sia facile alla Fiera parcheggiare. Il posto lo trovi ma al parchimetro ecco la sorpresa: nei giorni di fiera la sosta è consentita fino al massimo di due ore. E poi? Due possibilità: la prima, nel bel mezzo di un affare blocchi tutto, esci e torni a rimettere le monetine per arrivare a quattro ore; la seconda, paghi la tariffa giornaliera di 20 euro (a Milano è di 14 euro a Fiera Milano City). A nessuno interessa se resti lì quattro ore o tre ore e 30 minuti.

Nemmeno pagare è facile: solo monetine, ogni tipo di tessera non funziona. Quando ti sei quasi arreso ecco un miraggio: un parcheggio senza righe blu. No alt: c’è un divieto di sosta. No, anzi: il cartello di divieto c’è ma è tutto dipinto di nero. Che fare?

Esasperato vai verso l’ingresso della Fiera e lì cosa scopri? Il costo dell’ingresso è di 30 euro. Manco fosse un concerto di Vasco!

È la più importante fiera del libro per ragazzi ma è stata pensata per tenere lontani i docenti sia per il costo sia per i giorni di apertura: lunedì, martedì e mercoledì per chi fa l’insegnante sono giorni feriali. E anziché diventare un evento culturale patrimonio di tutti sembra più un evento commerciale per pochi addetti ai lavori. Peccato, un’occasione persa per il nostro Paese!

Forse è arrivato il momento di cambiare qualcosa o di spostare questo importante appuntamento in qualche città più ospitale con uno spazio fieristico più organizzato.

Morale della “favola”: i vergini amministratori del Partito democratico che puntano il dito contro la Capitale ogni giorno forse dovrebbero guardare anche in casa propria prima che sia troppo tardi. Altrimenti di Bologna di rosso resterà ben poco: solo i mattoni delle torri, appunto.

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