Dopo l’approvazione della legge che prevede fino a tre anni di carcere per chiunque accusi la Polonia di complicità nel genocidio nazista, il premier di Varsavia Mateusz Morawiecki torna sul tema e parla di “responsabili ebrei” dell’Olocausto. La dichiarazione nasce dalla risposta a un giornalista israeliano, Ronen Bergman, che gli ha chiesto se fosse punibile nel caso in cui raccontasse la storia dei membri della sua famiglia, deportati dopo esser stati denunciati da vicini polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale. “Non sarebbe punito, non sarebbe considerato un reato dire che ci sono stati dei responsabili polacchi, così come ci furono dei responsabili ebrei, dei responsabili ucraini o tedeschi“, ha affermato parlando in inglese alla conferenza sulla sicurezza di Monaco. In ebraico lo parola da lui usata, ‘perpetrators’, è stata tradotta dalla stampa con l’equivalente ebraico di ‘criminali’.

Sul caso è intervenuto anche il premier israeliano, Benjamin Netanyahu che, fa sapere il suo ufficio stampa, a Morawiecki “ha detto che i commenti che sono stati fatti erano inaccettabili e che non c’è base per paragonare le azioni dei polacchi durante l’Olocausto a quelle degli ebrei”. Noa Landau, del giornale israeliano Haaretz, ha reagito su Twitter parlando di affermazioni “scandalose” e accusando i presenti in sala di esser rimasti in silenzio di fronte alla dichiarazione di Morawiecki. Il giornalista che aveva posto la domanda al premier, Ronen Bergman, ha invece scritto su Twitter che la risposta è “stata incredibile”. E all’indomani dell’episodio una svastica e insulti in inglese sono stati disegnati da ignoti con un pennarello all’ingresso dell’ambasciata della Polonia a Tel Aviv.

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