Il Senato della Polonia ha approvato la controversa legge sull’Olocausto che mira a difendere l’immagine del Paese all’estero, ma ha scatenato una disputa diplomatica con Israele. La legge, che è già stata approvata dalla Camera e adesso ha bisogno della firma del presidente, fissa una pena massima di tre anni di carcere per chiunque, polacco o straniero, accusi la Polonia di complicità con i crimini nazisti o si riferisca ai campi di sterminio nazisti definendoli polacchi.

Il Senato ha approvato le misure con 57 voti a favore e 23 contrari e due astenuti. Israele aveva chiesto di abbandonare il progetto di legge, considerandolo un tentativo di negare il coinvolgimento polacco nello sterminio nazista degli ebrei. “Non abbiamo tolleranza per la distorsione della verità e la riscrittura della storia, né per la negazione dell’Olocausto“, ha dichiarato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Anche il ministro israeliano per costruzione e case, Yoav Gallant, è intervenuto sulla questione: “Non lasceremo che la decisione del Senato polacco passi senza reazioni. L’antisemitismo polacco ha alimentato l’Olocausto e questa è una negazione de-facto dell’Olocausto”.

Prima del voto del testo in Polonia, la portavoce del dipartimento di Stato Usa aveva espresso preoccupazione che “in caso di applicazione questo progetto di legge possa minare la libertà di parola e il dibattito accademico”. “Siamo anche preoccupati delle ripercussioni che questo testo potrebbe avere sugli interessi strategici della Polonia e sui rapporti, compresi quelli con gli Stati Uniti e con Israele”, aveva aggiunto. Affinché la legge entri in vigore, è necessario che venga firmata dal presidente polacco Andrzej Duda, che ha 21 giorni per farlo, e ha dichiarato: “assolutamente non possiamo cedere, abbiamo il diritto di difendere la verità storica“, lasciando intendere che non porrà il veto. Ha poi aggiunto di essere “esterrefatto dalla reazione violenta e molto negativa di Israele”.

Israele aveva tentato in tutti i modi di impedire che la legge venisse approvata. Durante la cerimonia ad Auschwitz per il Giorno della memoria, l’ambasciatrice di Israele in Polonia, Anna Azari, aveva fatto appello alle autorità polacche per modificare l’emendamento della legge che punisce con il carcere coloro che attribuiranno ai polacchi la formazione di “campi di morte”. “Nel 2016 la Polonia ed Israele in una dichiarazione congiunta si sono opposte ai tentativi di presentare la storia in maniera distorta attraverso la negazione oppure l’uso errato degli termini tipo “i campi polacchi della morte”, aveva twittato il premier polacco Mateusz Morawiecki in risposta alle critiche da parte d’Israele.

La Polonia fu attaccata e occupata dalla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale, perdendo sei milioni dei suoi cittadini, tre milioni dei quali ebrei nell’Olocausto. Nella Polonia occupata aiutare gli ebrei, anche offrire loro un bicchiere d’acqua era punito con la morte. Le autorità polacche chiedono regolarmente delle correzioni quando i media internazionali o i politici definiscono “polacchi” alcuni ex campi di sterminio come quello di Auschwitz, messo in piedi dalla Germania nazista nella Polonia occupata. Oltre 6.700 polacchi, più di ogni nazionalità, sono stati onorati come “Giusti tra le Nazioni“, titolo assegnato dal memoriale per l’Olocausto di Gerusalemme, lo Yad Vashem, ai non ebrei che sono intervenuti contro il nazismo. Lo Yad Vashem ha fatto sapere che si oppone alla nuova legge, ma ha anche sottolineato che “non c’è dubbio che l’espressione “campi della morte polacchi” sia una falsa rappresentazione storica”. “Tuttavia – prosegue lo Yad Vashem – restrizioni sulle dichiarazioni di studiosi e altri a proposito della complicità diretta o indiretta del popolo polacco con i crimini commessi nella loro terra durante l’Olocausto sono una grave distorsione“.

Articolo Precedente

Regeni, Al Sisi: “Non finiremo di cercare i colpevoli”. Intanto inaugura il super-giacimento di gas con Eni e ambasciatore

next
Articolo Successivo

Brexit, May: “I cittadini Ue che arrivano nel periodo di transizione non avranno gli stessi diritti di chi è già nel Regno Unito”

next