Era un “cane”, viveva nel “peccato” perché frequentava una donna italiana, “una sporca”. Nell’estate di due anni fa, Sayed Fayek Shebl Ahmed, ex mujaheddin combattente in Bosnia, parlava così di suo figlio Hamza. Il minore, l’impuro, la “pecora nera” della famiglia perché in guerra non voleva andarci. Mentre il grande Saged Sayed era bravo, l’orgoglio di famiglia perché si era convinto ad arruolarsi come soldato in Siria per un gruppo legato ad Al Nusra. Hamza invece non voleva saperne di ideologie estremiste ed era inserito nel modus vivendi occidentale.

Adesso padre e figlio, 51 e 23 anni, sono stati arrestati per associazione con finalità di terrorismo su ordine del gip Carlo Ottone De Marchi, al termine dell’indagine condotta dalla Digos di Milano e di Como, sotto la guida del procuratore aggiunto Alberto Nobili. Con provvedimento del ministro dell’Interno è stata invece rimpatriata, la moglie marocchina dell’ex mujaheddin. “Una famiglia così compatta nella radicalizzazione non ci era mai capitata”, ha spiegato il capo della Digos milanese, Claudio Ciccimarra, sottolineando che gli unici a “resistere” erano stati il figlio 22enne e la figlia, di due anni più piccoli.

“Durante le intercettazioni nella loro casa di Fenegrò, in provincia di Como, sono emerse moltissime conversazioni da cui si comprende il passaggio di testimone generazionale, con il padre che spinge il figlio a combattere in Siria per purificarlo – racconta Ciccimarra – In una registrazione dice che un figlio combattente vale più di cento preghiere”. E lo ha convinto, sottolineando l’orgoglio di aver un martire in famiglia. Infatti attualmente Saged Sayed si trova attualmente in Medio Oriente e il padre lo sosteneva con un bonifico mensile di 200 euro nonostante avesse perso il lavoro.

Hamza invece era “considerato la pecora nera della famiglia”, ha spiegato il procuratore Nobili. “Ha tentato di convincerlo a partire in guerra ma è stato inutile – ha aggiunto – Ha provato anche mostrandogli filmati della guerra a cui ha partecipato lui in Bosnia”. Il grande si era lasciato sedurre, ma recentemente aveva manifestato simpatie per l’Isis, secondo le indagini, ed era stato allontanato da Al Nusra, vicina ad Al Qaeda. Il 23enne ha anche espresso diverse volte l’intenzione di tornare in Italia perché le condizioni di vita e il pericolo stavano diventando insostenibile. “In passato è rimasto ferito gravemente, ma il padre non ha esitato a convincerlo a tenere duro e resistere”, ha concluso Nobili.

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