Sono otto le telefonate effettuate al 118 da guardie giurate, agenti della Polizia Ferroviaria e un passante per chiedere di soccorrere il 42enne Marco D’Aniello, un uomo di Pompei malato di talassemia, che la sera del 3 agosto si accasciò sulla banchina del binario 14 della Stazione Centrale di Napoli. L’ambulanza, come spiega questo servizio del TgLa7, arrivò dopo mezz’ora, quando era ormai troppo tardi: D’Aniello morì per emorragia. Oggi, a distanza di cinque mesi, grazie a un’indagine interna dell’Asl Napoli 1, si scopre che in realtà ambulanze a disposizione immediata c’erano. La tragica storia, tra ritardi nei soccorsi e omissioni, è stata raccontata dal Corriere del Mezzogiorno, che ha pubblicato sul sito le telefonate choc. La Procura di Napoli ha aperto, subito dopo il fatto, un’indagine. Gli operatori del 118 in servizio quella sera sono stati temporaneamente sospesi. A fare la prima chiamata è un addetto alla vigilanza della Stazione. Dall’operatore del 118 arriva la rassicurazione alla richiesta di una presenza urgente di sanitari. Non accade nulla. Successivamente telefona al 118 una guardia giurata, al quale l’operatore risponde che non ci sono ambulanze disponibili. Passano i minuti e un agente della Polfer chiama, segnalando la gravità estrema dello stato di D’Aniello, che vomitava copiosamente sangue. E’ infine il turno di un passante che, per sottolineare l’urgenza della situazione, spiega che forse l’uomo è morto. “Ah, quindi non serve più l’ambulanza?“, è la sconcertante risposta dell’operatore. Nasce un parapiglia verbale, ma il responso è sempre lo stesso: non ci sono ambulanze, “sono tutte impegnate”. Quando finalmente si trova una disponibile e questa arriva sul posto, è ormai troppo tardi: Marco D’Aniello è già spirato.

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Napoli, la telefonata al 118 dopo il malore: “Vomita sangue. Forse è morto”. “Se è morto allora non serviamo più”

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