Trump non conferma né nega che Gerusalemme sia la capitale di Israele: Gerusalemme è dal 1950 la capitale dello Stato ebraico.

Nel 1870 il Piemonte, con le truppe del nascente Stato italiano, sconfisse Pio IX e travolgendo le sue truppe, fece di Roma la sua capitale. Gli Stati accreditati presso il Papato ne presero atto. Avrebbero potuto fare altrimenti, lasciando senza rappresentanza il loro Stato perché l’Italia aveva scelto Roma per capitale? Sì, sarebbero potuti rimane a Torino o a Firenze, ma sarebbe stato irreale. Non lo fecero. Era palese che Roma era stata scelta come capitale dal Regno d’Italia, non dagli Stati i cui ambasciatori erano rimasti a Roma, essendo ormai accreditati non più presso il Papa Re bensì presso il Regno d’Italia. Più tardi, si sarebbero sdoppiate le ambasciate, ma sempre a Roma rimasero. Un secolo e mezzo addietro (quasi) la tecnica e la scienza erano per certi versi ai primordi, ma la logica talvolta dominava sulle sole emozioni.

Oggi prevalgono le emozioni e sembrerebbe che sia stata l’America a decidere che Gerusalemme è la capitale d’Israele. Piuttosto, gli Usa lasciano aperta, se non addirittura spalancata, la facoltà per uno Stato palestinese di insediarsi a Gerusalemme Est, qualora decidano di intraprendere la via della pace. Se non fosse che il processo di pace non è mai nato perché, malgrado Israele abbia lasciato che l’Autorità Nazionale Palestinese si insediasse in quasi tutta Cisgiordania e si sia ritirato Gaza (senza nemmeno lo straccio di una contropartita), l’Anp continua a pensare che presto o tardi la logica dei grandi numeri e dello scarto morale di chi lancia i missili finirà per completare l’opera che mira a eliminare gli ebrei dalla zona, come sono stati eliminati dall’Europa.

Mandare messaggi ambigui, con una logica dettata dalla paura, non comporta soltanto la firma di una sentenza di morte per gli israeliani, ma anche per gli europei, vittime di attentati spietati.  Demonizzare Israele senza denunciare che da parte palestinese non arrivano né arriveranno mai proposte di pace comporta responsabilità morali inaccettabili in un continente che si vuole democratico. Continuare – come fa la Unione europea – a diffondere lo slogan dei due Stati senza fare assolutamente nulla per portarlo a compimento, costituisce un segno di debolezza materiale e non solo. Non condannare le manifestazioni violente e di incitamento all’odio di questi giorni non ci metterà al riparo dal terrorismo.

Dovrebbero iniziare i mass media ad informare in modo obiettivo ed imparziale, ponendo l’accento sull’assoluta necessità che il mondo palestinese – deresponsabilizzato da chi ancora riflette una mentalità neo colonialista – si impegni per la pace.

Dovrebbero farlo integrando anzitutto nel proprio nascituro Stato coloro i quali vivono ancora in campi profughi senza esser profughi per le leggi internazionali, perché chi aveva trent’anni del 1948 ora sarebbe centenario e non dovrebbe poter tramandare il suo status fino alla quarta generazione (unici nel genere). Un richiamo alla pace postula anche il richiamo alla serietà dell’informazione, che rimane l’unico baluardo per arginare la deriva fascista e antisemita che stiamo vivendo.

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