Erre contro esse. Recupero, riuso, riutilizzo, riciclo contro spreco e smaltimento (incenerimento, o discarica che sia). Sono alternative quotidiane, piccole o grandi scelte (spesso istintive) e talvolta conflitti. Ai margini della montagna di circa 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati, ma anche ai margini di una parte dei circa altrettanti differenziati, in ogni momento si innesca un tira e molla che lega le dinamiche sociali, l’economia reale formale e informale, con i vari regolamenti e la loro ondeggiante applicazione.

L’informalità e l’arte di arrangiarsi dei poveri vengono contrastate in nome del decoro o dell’igiene senza capire che invece sono spesso virtuose. Esempio la campagna che si voleva intraprendere a Roma contro il rovistamento nei cassonetti. Tutte le volte che si parla di questo, di chi recupera dai bidoni stradali o dalle loro adiacenze oggetti e vestiti e materiali e poi li rivende, nella migliore delle ipotesi si parla di poveretti costretti a frugare nella immondizia.

A Torino è in corso una crociata contro i mercati delle pulci del Balon e di via Carcano (che pure sono tra i meglio regolamentati d’Italia). Qualche giorno fa La Stampa ha invece pubblicato due pagine di una ottima inchiesta sui venditori degli oggetti recuperati, illustrando le loro ragioni e le loro necessità. Ma nei titoli si parlava di “disperati”. Indubbiamente diventano disperati se il loro lavoro viene represso e impedito. Ma per il resto sono solo i tabù e i pregiudizi a identificare questo lavoro tra i peggiori: girare con calma, con un carrellino e guanti, a scegliere cosa c’è di recuperabile nei cassonetti a me sembra meno peggio di tanti altri lavori monotoni ripetitivi usuranti o pericolosi. Sulla carta i regolamenti non solo sanzionano giustamente l’eventuale abbandono dei rifiuti per terra (il rovistatore disordinato che esce le cose dal cassonetto) ma addirittura sanzionano l’asporto di qualunque cosa dai cassonetti. Ecco una delle tante incongruenze: i rovistatori salvano tonnellate dai rifiuti indifferenziati, riducendo quindi costi di trasporto e di smaltimento. Bisognerebbe dargli un contributo!

La maggior parte dei 400 ambulanti del “Balon Libero Scambio” vive di quel modesto reddito. Cacciarli aprirebbe un ulteriore problema sociale. Ma andiamo avanti. Alla fine del loro mercato c’è un ulteriore bivio tra spreco e recupero. Che fare dell’invenduto che in parte abbandonano in loco, perché non hanno sufficienti spazi di stoccaggio? Arriva gente povera che aspetta la fine del mercato per raccogliere vestiti e scarpe. Se questi sono già stati gettati nei cassonetti (dell’indifferenziato) si affannano a tirarli fuori, col rischio di accapigliarsi. Si potrebbe forse dare un minimo di organizzazione alla cosa, invece di limitarsi a guardarla con pena e riprovazione.

Per quanto riguarda i libri la nostra associazione Eco dalle Città con l’aiuto di alcuni richiedenti asilo, gruppo Ecomori, raccoglie quelli abbandonati a fine mercato. Li mettiamo su un banchetto e li riproponiamo ai passanti, gratis o a offerta libera. Poi li lasciamo nell’adiacente Cortile del Maglio, uno spazio aperto e coperto, a disposizione di chi li vuole. Ma l’amministrazione del condominio ci ha diffidato: non potete lasciare i libri, è degrado.

A proposito di degrado, sempre lo stesso citato quotidiano ha descritto come un “inferno tra i rifiuti” gli scantinati dell’Ex Moi da anni occupati da rifugiati. I rifiuti in questione sarebbero le cataste di oggetti materiali elettrodomestici usati e similcose che alcuni rifugiati tenevano accanto a sé per ripararli e venderli o mandarli in Africa. Si lamentavano delle condizioni di vita per la mancanza di riscaldamento e di luce ma per loro quei “rifiuti” erano una risorsa e a fatica si sono arresi al ricollocamento in alloggi dove non possono stoccare nulla. Sono tutte forme povere, informali ma valide della economia circolare alla quale a parole l’Unione Europea vuole tendere. Ma non abbiamo forse ancora né l’elasticità né la coerenza per portarla avanti.

E a proposito di africani – come sono gli Ecomori e gli occupanti dell’Ex Moi – chiudo con una domanda. E’ appena stato “stroncato un traffico illegale di rifiuti verso il Ghana”. Ma poi a leggere si scopre che erano varie cose, da auto da demolire a batterie a elettrodomestici avviati a rottamazione in Italia ma ancora interessanti per i riparatori e gli acquirenti ghanesi. Non sostanze chimiche che vanno in discariche abusive. Allora c’è forse da farsi qualche domanda in più, su una visione internazionale dell’economia circolare.

Articolo Precedente

L’orso polare si trascina in cerca di cibo, il toccante video-denuncia sugli effetti del riscaldamento globale

next
Articolo Successivo

Ilva, perché a Taranto il diritto può essere messo in discussione?

next