La Torre Piloti nel porto di Genova è un “caso unico al mondo” e la “pericolosità” del suo posizionamento “risultava immediatamente percepibile” a chiunque. Sarebbe bastato far caso alla fotografia scattata da una delle vittime del suo crollo – a causa dell’impatto con il cargo Jolly Nero, il 7 maggio 2013 – alcuni mesi prima dell’incidente: “Dimostra immediatamente come un minimo errore di manovra, un minimo imprevisto e/o condizioni meteo avverse potessero determinare l’impatto di navi gigantesche sulla Torre”. Il commento postato sotto quello scatto da Daniele Fratantonio “sottolinea la anormalità della situazione percepita direttamente anche da un ‘addetto ai lavori'”.

Si conclude così l’atto di accusa del pm Walter Cotugno nei confronti dei 15 imputati per omicidio colposo plurimo, disastro e omissione impropria nel processo Jolly Nero bis, quello relativo alla torre costruita sul Molo Giano a guardia del porto di Genova e sbriciolatasi dopo l’errore di manovra del mercantile della compagnia Ignazio Messina, inghiottendo 9 persone. Tra gli indizi contro il comandante delle Capitanerie di Porto, Felicio Angrisano, progettisti, collaudatori e componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici c’è quello scatto di Fratantonio – pubblicato in esclusiva da ilfattoquotidiano.it il 26 giugno 2016 – ora allegato agli atti dal magistrato genovese, che in un primo momento aveva chiesto l’archiviazione. Ma Adele Chiello, mamma di Giuseppe Tusa, una delle vittime, si era opposta e aveva presentato una consulenza tecnica di parte. La mossa era risultata convincente e il gip aveva rigettato la richiesta del pm. Da qui era ripartita l’indagine.

Cotugno ha quindi disposto due consulenze, una sulla disciplina delle manovre portuali e l’altra sulla costruzione e progettazione della Torre Piloti, edificata a filo di banchina. L’ingegnere di fama europea Carlos Sanchidrian, il professore di costuzioni portuali dell’università di Genova, Giovanni Besio, e l’ingegnere navale Claudio Boccalatte hanno “evidenziamento chiaramente il mancato rispetto” delle norme “nella progettazione, costruzione e collaudo” della Torre: “Il posizionamento – scrive Cotugno – esponeva la struttura alle azioni derivanti dalle navi”. Ed era “notoria e ben conosciuta nell’ambito della letteratura ingegneristica”. Nonostante ciò, nessuno tenne conto dei “più che prevedibili urti” né posero rimedio “ai rischi che tale collocazione, del tutto improvvida, determinava per la sicurezza delle persone presenti nella struttura”. Anche perché quel posizionamento “costituisce caso del tutto unico nel panorama mondiale“, sostengono il professore di Scienze nautiche, Salvatore Troisi, e un esperto della Coast Guard statunitense, entrambi autori della perizia sulle manovre.

“Il pericolo determinato dal posizionamento, unico nel suo genere, della struttura”, afferma Cotugno, “non è stato affatto valutato e non sono state adottate misure di regolamentazione finalizzate ad eliminarlo o quanto meno a ridurlo”. La valutazione, secondo il magistrato, spettava a Felicio Angrisano, all’epoca Comandante del porto e poi promosso a capo di tutte le Capitanerie italiane: “Era un suo compito primario”. Perché norme e giurisprudenza hanno “chiaramente” evidenziato “la pacifica responsabilità del comandante del porto per omissione nell’emanazione delle ordinanze finalizzate alla tutela della sicurezza”.

Lo spazio antistante la Torre, va detto, ha subìto diverse modifiche nel corso degli anni che hanno in qualche modo ristretto lo spazio di manovra per le grandi navi in uscita dal porto. Ma la procura di Genova ha comunque chiesto il processo – l’udienza preliminare davanti al gup Paola Faggioni inizierà il 5 aprile – perché convinta che “nessuna valutazione del rischio è stata effettuata e nessuna misura è stata adottata per tutelare chi, per lavoro, si trovava costretto a soggiornare sulla torre. Come Daniele Fratantonio che da lassù chiedeva ai suoi amici di Facebook: “Se anche tu vedi passare una nave a questa distanza… cosa diresti?”. Era il 23 luglio 2012. A distanza di nove mesi e qualche giorno, dopo che il malandato Jolly Nero aveva travolto il Molo Giano, quella domanda ha ottenuto una risposta.

Nel filone principale d’indagine, quello legato all’impatto tra il cargo Jolly Nero della compagnia Messina e la torre, sono stati condannati in primo grado il comandante Roberto Paoloni a 10 anni e 4 mesi di carcere, il primo ufficiale Lorenzo Repetto a 8 anni e 6 mesi, il direttore di macchina Franco Giammoro a 7 anni e il pilota Antonio Anfossi a 4 anni e 2 mesi. E nelle motivazioni della condanna, la giudice Silvia Carpanini ha sottolineato anche che “non può non tenersi in considerazione che forse altre responsabilità potrebbero individuarsi a carico di chi ha permesso” la costruzione di quel gigante che controllava il porto “in una posizione così esposta, senza che venisse adottata alcuna cautela”.

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