Mentre in Italia la morte di Totò Riina si prendeva tutte le prime pagine dei giornali nazionali, dall’altra parte dell’Oceano moriva John Gambino, storico esponente di Cosa Nostra americana. Il boss è deceduto a 77 anni lo scorso 16 novembre, il giorno in cui il capo dei capi corleonesi compiva 87 anni. E se anche la stampa statunitense ha quasi totalmente ignorato la notizia della morte di Gambino, curiosamente su un sito internet americano di necrologi si può, addirittura, accendere una candela o piantare un albero in suo ricordo dopo aver fatto una donazione.

Nato a Palermo il 22 agosto 1940 e affiliato alla cosca mafiosa di Passo di Rigano, si trasferì negli Stati Uniti nel 1962 dove, 15 anni più tardi, venne affiliato nella famiglia gestita dallo zio Carlo. A Brooklyn, Gambino aprì un bar, il Cafè Giardino, una copertura per lo smercio di droga a New York. Protagonista del falso sequestro di Michele Sindona, il finanziere siciliano morto avvelenato in cella nel 1986, era legato ai capimafia Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. Dopo la seconda guerra di mafia, nonostante la sua vicinanza alle famiglie perdenti, continuò a trafficare eroina con la mafia siciliana, con il benestare dei corleonesi. Gambino venne arrestato nel 1988 nell’ambito dell’operazione antidroga “Iron Tower“, l’indagine transnazionale coordinata dai procuratori Rudolph Giuliani e Giovanni Falcone.

In carcere fino al 2005, venne scarcerato ma non venne mai estradato in Italia. Secondo il giudice, Gambino aveva già scontato 15 anni di carcere per spaccio di droga e non poteva essere giudicato in Italia con la stessa accusa. Ha continuato a vivere con la famiglia a Staten Island fino alla sua morte.

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