La politica ha fallito, quindi mi sono rivolta alla magistratura per ripristinare la dignità delle istituzioni. Qualcuno ha storto il naso davanti ai motivi che mi hanno spinto a denunciare, ma poi si è avuta la conferma plastica di come la politica riesca a non dare risposte anche a se stessa”. Perché nei giorni seguenti alla seduta del consiglio comunale di Bari del 14 novembre, durante la quale qualcuno dei 23 presenti ha scritto un insulto sessista nei confronti della collega Irma Melini sulla scheda per il voto segreto, tutti si erano detti disponibili a una perizia calligrafica di parte per smascherare il colpevole, salvo fare marcia indietro. Quando aveva aperto la scheda il presidente del consiglio comunale Pasquale Di Rella si era fermato imbarazzato dopo aver letto quel “Irma” accompagnato dall’offesa sessista. E invece la consigliera Melini, eletta in Forza Italia e ora nel gruppo Misto, ha chiesto che andasse avanti, ha voluto sapere cosa avesse scritto il “demente”, come lo chiama lei. “La troia”, così l’aveva insultata.

Il sindaco Antonio Decaro ha denunciato, lei anche. Nel frattempo i suoi colleghi si sono spaccati sulla necessità di una perizia calligrafica. Se lo aspettava?
Quando ho depositato denuncia ho detto chiaramente che la politica aveva fallito e mi rimettevo alla magistratura per ripristinare la dignità delle istituzioni. Qualcuno ha storto il naso, ma poi si è avuta la conferma plastica di quanto la politica sia inadeguata.

Cosa è accaduto?
Prima i consiglieri hanno convocato una conferenza stampa per dire: “Siamo parte lesa, non siamo tutti uguali. Vogliamo chiarezza”. Ma alcune ore dopo avevano già le idee confuse, dal Movimento Cinque Stelle al centrodestra. Per fortuna c’è stato chi ha detto: “Non sono un pagliaccio, sorteggiamo il nominativo del grafologo”. Sono rimasti in tre. E non ho capito ancora cosa faranno, alla fine.

Quale reazione si aspettava da parte del Consiglio comunale?
Bisognava chiudersi in aula, tutti i 23 presenti più il sindaco, guardarci in faccia e dire chiaramente che non ce ne saremmo andati se non fosse venuto fuori il nome di chi aveva fatto una cosa del genere, un demente. Invece così non è stato e oggi assistiamo a un teatrino avvilente.

Cosa ha spinto, a suo avviso, un collega a compiere un gesto del genere?
A prescindere che a scriverlo sia stato un uomo o una donna, c’è un atteggiamento di rifiuto nei confronti di chi fa politica in maniera forte e decisa ed è anche donna. Se non fossi stata quella che sono, non mi sarebbe successo: interpreto il mio ruolo in maniera scomoda e a volte anche le donne non lo sopportano.

Un atteggiamento figlio di un retaggio culturale?
Un insopportabile retaggio culturale, ancor più in politica. Facciamo tanti proclami, parliamo di parità e battaglie contro le violenze e poi proprio le nostre aule diventano il teatro del peggior spettacolo. Forse non tutti si sono resi conto di ciò che è successo.

Lo ripeta allora.
Un consigliere comunale ha preso una scheda elettorale con il simbolo del Comune di Bari, le firme del presidente del Consiglio comunale e del segretario generale. Ha scritto un insulto con la volontà di farlo leggere ad alta voce in aula, davanti a tutti. Chi ha compiuto un gesto del genere non ha idea di dove si trovi, di cosa significhi essere un rappresentante istituzionale e rispettare i voti che si sono presi, oltretutto non tramite listini ma con le preferenze.

Cosa crede che debba fare il colpevole?
Ha tradito la fiducia degli elettori ed è indegno di far parte delle istituzioni. L’ho detto subito: quando verrà scoperto, deve andarsene subito. Non può restare un minuto in più. Non solo per il gesto in sé, ma perché ha dimostrato d’essere una persona pericolosa anche quando si discute una banale delibera come quella che stavamo votando, utile solo ad eleggere l’elenco dell’albo della giuria popolare per la Corte d’Assise. È indegno, se ne deve andare.

Chi le è stata vicino in questi giorni?
Ho ricevuto solidarietà trasversale, anche da un livello politico più alto. Ma ho capito davvero la gravità del gesto grazie alla solidarietà immediata e disinteressata di migliaia di persone comuni indignate per quanto era accaduto. La politica deve una risposta innanzitutto a loro.

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