di Fabio Manenti

Legittima, comprensibile, la voce di chi esulta per la morte di Totò Riina: l’umanità ha sempre gioito per la caduta dei suoi nemici. Ieri, oggi, sei anni fa, quando un sussurro di sollievo ha attraversato le menti d’Occidente, da orecchio a orecchio, alla morte di Osama Bin Laden. A volte il male ha nome e cognome, ma un solo uomo non può contenerlo tutto. Quella volta, quando la morte americana venne a prendere l’uomo nero fin dentro la primavera pakistana, cadeva la testa di un’idra che già si biforcava.

Oggi, nel coma dell’indifferente Parma, si sgretolano le squame di una serpe che ha fatto la muta oltre vent’anni fa. Non è la fine di un re, ma la decadenza inerme di un uomo solo, intercettato fino all’ultimo mentre millantava segreti. La piovra intanto serpeggiava già con tentacoli nuovi verso mari puliti, settentrionali, esteri, legali. Quando nuota non fa rumore, si dimena e schizza solo se sbattuta sullo scoglio.

Così dovremmo aver paura a leggere i social che sbandierano vessilli vecchi, mentre la mafia vera risciacqua denaro nei salotti perbene, mentre la tradizione delle intimidazioni avanza senza fastidi nei paesini tutti muti.

Con Riina muore l’icona e lo spauracchio, la prova viva e vegeta che il nemico è qui. Morto e sepolto, avremo un altro motivo per non parlare di mafia.
Nell’epoca dell’ #indignazione, abbiamo bisogno di vedere il nemico e non solo i suoi effetti. Se Mafia Capitale era un’etichetta nel registro degli indagati, la testata di Roberto Spada è la scintilla che ci infiamma. E non conta la gravità dei fatti, non contano le cifre a tanti zeri o le vittime: conta il rumore di un naso che si spezzetta e spappola.

La morte du curtu, basso come le sue azioni, rischia di essere la pagina finale di una bella storia da film, appassionante e romanzata. Ma a concludersi è la storia di un mafioso, non della mafia; è la morte di un mostro, non della follia che lo circondava. A ogni fine, bara aperta e occhi lucidi, si dice che le idee, lo spirito, l’esempio dei grandi uomini vivranno per sempre. Vale lo stesso per i cattivi.

Ciao Totò, ti sia grave il cemento in cui qualcuno vorrebbe fossi immerso. Pilastro. Monumento a memoria. Monito dell’orrore.

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