L’Australia ha detto sì al matrimonio egualitario. Era stata indetta, infatti, una consultazione popolare per decidere se estendere anche alle coppie dello stesso sesso l’istituto matrimoniale: una specie di sondaggio, per altro per via postale – come sottolinea Gaypost.it – e non un referendum tradizionale (l’esito del voto, inoltre, non è vincolante) al quale ha votato il 79,5% dell’elettorato. La terra dei canguri si è espressa a favore del sì con il 61,6% dei suffragi. Una grande vittoria per la comunità Lgbt locale (e dell’intero pianeta, a ben vedere), ma soprattutto una grande prova di democrazia per il Paese del Pacifico.

Il voto australiano ci permette di fare alcune considerazioni, in merito all’uso del suffragio per decidere dei diritti della gay community. Già in altri casi, infatti, l’elettorato è stato chiamato a votare per decidere del matrimonio per tutti/e, come in Irlanda e in Slovenia. Nel primo caso, nel 2015, schiacciante fu la vittoria del sì che si affermò con il 62% dei consensi. Meno bene, invece, andò per il piccolo paese della ex Jugoslavia, dove la partecipazione popolare fu invece molto bassa, ma si affermarono i “No” e il matrimonio – prima esteso per legge ordinaria – venne abrogato.

Personalmente, sono contrario a far decidere a una maggioranza per i diritti che deve godere una minoranza. Facciamo tre esempi: ci piacerebbe se in Europa tutti i cittadini dell’Unione venissero chiamati a decidere tramite referendum su questioni interne alla comunità italiana? Potrebbe accadere, infatti, che antipatie nei confronti del gruppo specifico – si pensi ai luoghi comuni su noi italiani– potrebbero pesare di più rispetto a una valutazione serena sulla cosa da decidere. C’è il rischio, in altre parole, che sia più importante valutare (negativamente, magari) il gruppo sociale e non la misura da votare. In secondo luogo, il voto popolare non è sempre garanzia di scelte giuste: cosa accadrebbe se in Iran si decidesse per far votare gli uomini su una maggiore libertà per le donne? E ancora: ricordate quando la folla venne chiamata a decidere tra Gesù e Barabba? Ecco.

Sia chiaro, non sono per l’imposizione di leggi calate dall’alto – che per altro, in un contesto democratico, rischierebbero di produrre danni maggiori rispetto ai benefici che potrebbero portare – ma è anche vero che una società deve essere educata al rispetto delle minoranze e dei diritti civili e umani, prima di potersi esprimere su certe questioni. Ciò può avvenire tramite dibattiti equilibrati, dando ampio spazio a chi dovrà usufruire di certe leggi e, possibilmente, non prestando il fianco a discorsi d’odio o a “specialisti non qualificati” (sacerdoti, veline, calciatori, ecc) su questioni per le quali, magari, si argomenta facendo leva sui propri pregiudizi. Ogni riferimento al fondamentalismo cattolico di casa nostra è voluto.

Per altro, nei sistemi democratici, scelte quali l’allargamento dei diritti sono già sottoposte al giudizio dell’elettorato: avviene, infatti, attraverso i programmi politici dei partiti che si presentano alle elezioni. Se sei d’accordo con quel programma, che prevede magari il matrimonio egualitario, voti il partito che lo propone. Altrimenti, voti un altro soggetto politico. La democrazia e la libertà di scelta sono garantite, insomma. E, per tornare al discorso di partenza, credo che certe questioni dovrebbero essere al centro del dibattito politico interno alle istituzioni democratiche e non lasciate agli umori del popolo. Bene poi che Irlanda e Australia abbiano votato a favore.

Concludo con un’ultima considerazione: sarebbe il caso che anche in Italia si avviasse un dibattito serio sull’allargamento del matrimonio civile alle persone dello stesso sesso, possibilmente valutandone aspetti giuridici ed economici e non sobillando le frange omofobe, come spesso avviene, solo per fare audience in questo o quel talk show. Intanto, nell’attesa che le cose cambino anche qui da noi, godiamoci la festa per la comunità Lgbt australiana. Riservando un pensiero affettuoso a quanti, oggi nel nostro Paese, hanno avuto un brutto risveglio: da Angelino Alfano a Forza Italia, passando per i cattodem del Pd e per chi crede all’esistenza del “gender”. Stiamo lavorando per un mondo migliore. Anche per loro.

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