Truffavano le assicurazioni e investivano soldi sporchi nel mattone, in diverse regioni. Divisi nel territorio napoletano, ma uniti negli affari in Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Abruzzo, Umbria e Sardegna. Sette clan camorristici si era uniti in unico gruppo che aveva base in Campania ma riciclava lontano, spesso al nord, in particolare nelle province emiliane. Lo faceva con l’aiuto di un direttore di banca, arrestato oggi assieme ad altre 15 persone legate ai Mallardo, Di Lauro, Puca, Aversano, Verde, Perfetto e agli scissionisti.

L’operazione coordinata dalla Dda di Napoli e condotta dalla Guardia di finanza bolognese – con l’ausilio dello Scico di Roma e dei colleghi napoletani – ha portato anche al sequestro preventivo di quasi 1.200 immobili tra cui un intero complesso residenziale nel Ravennate, oltre 200 veicoli, 59 società e 400 conti correnti per un valore totale di 700 milioni di euro. La chiave per riuscire a ripulire il denaro, frutto di truffe milionarie alle assicurazioni e di altri affari illeciti, era il titolare della filiale bolognese della Cassa di Risparmio di Ravenna – istituto risultato all’oscuro ed estraneo agli illeciti – fino al 2013.

L’uomo, Domenico Sangiorgi, secondo gli inquirenti che hanno chiesto e ottenuto dal gip la sua carcerazione, era consapevole di prestare il proprio servizio ai clan, ai quali garantiva versamenti, cambio di assegni e altre operazioni bancarie aggirando i controlli antiriciclaggio. Il funzionario – come anche il commercialista napoletano Antimo Castiglione – “non si erano limitati a fornire un ausilio estemporaneo agli indagati – scrivono i finanzieri – ma erano stati in costante e sinergico rapporto con il gruppo camorristico e da esso avevano tratto vantaggi personali”. Nell’indagine è indagata per riciclaggio anche una donna, ex direttrice di banca, ritenuta però all’oscuro di lavorare per conto della Camorra.

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