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Elezioni Francia, l’importanza del populismo

Elezioni Francia, l’importanza del populismo
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Se c’è una cosa più grave della demagogia populista, questa consiste nel non saper ascoltare e accogliere certe istanze popolari che questa politica veicola. Il primo turno delle elezioni francesi hanno registrato il notevole successo del Front National di Marine Le Pen. Sulla bionda leader Fn – auto ribattezatasi la Giovanna D’Arco dei tempi moderni – piovono da anni accuse di ogni sorta da parte dei principali partiti francesi ed europei – i partiti dell’establishment, direbbe lei – nonché l’indignazione dell’opinione pubblica “medio alta” europea.

A Bruxelles, la capitale dell’Ue, la Le Pen è la regina degli spauracchi euroscettici insieme al re Nigel Farage. “Populista, fascista, razzista, xenofoba, ignorante e incapace” sono i principali epiteti coi quali la leader Fn è apostrofata in Francia come in Europa. Eppure il consenso del suo partito e suo personale continua a salire. Secondo il quotidiano francese Libération, il Front National avrebbe catalizzato circa il 40 per cento del voto operaio francese, quelli che un tempo oltre Alpe votavano a sinistra. Una parabola che assomiglia molto alla crescita di consensi della Lega Nord italiana in regioni tradizionalmente rosse come l’Emilia Romagna e la Toscana.

Al di là delle promesse elettorali assolutamente irrealizzabili e della visione geopolitica sterilmente retrograda che il Front National vende ai suoi elettori – sulla falsa riga di quanto Donald Trump ha fatto (con successo) negli Stati Uniti – coprire la sua leader, i suoi membri e i sui elettori di ingiurie non contribuirà affatto a disinnescarne il potenziale disastro che potrebbe causare per la politica francese ed europea.

Storicamente i movimenti populisti esistono da metà ‘800 negli Stati Uniti e da metà ‘900 in Europa. Oltre oceano, il concetto stesso di “populista” è privo di quella connotazione intrinsecamente negativa che una certa intellighenzia europea invece gli attribuisce. Dario Fo, definì populismo come “un’ideologia caratteristica di movimento politico o artistico che vede nel popolo un modello etico e sociale e il rispetto di ogni individuo che faccia parte di una comunità civile”. Sempre storicamente, i movimenti populisti sono stati disinnescati e i suoi leader non sono arrivati al potere, quando i partiti tradizionali ne hanno saputo estrapolare le istanze fondamentali. Lo fece negli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt negli anni 30 e in anni più recenti Nicolas Sarkozy in Francia contro il primo Front National.

Perbenisti, amanti del politically correct e ipocriti vari non lo ammetteranno mai, ma alla base di molti movimenti populisti ci sono dei problemi veri, problemi con i quali la maggioranza della popolazione deve confrontarsi quotidianamente e ai quali i partiti tradizionali non hanno ancora dato risposte. Nel caso della Francia, parliamo di un Paese che stenta a uscire da una profonda crisi economica, dove la disoccupazione ha raggiunto percentuali record e il terrorismo islamista ha fatto e continua a fare centinaia di vittime.

Le soluzioni proposte dalla Le Pen, fatte di protezionismo economico, dazi doganali, uscita dall’Unione europea ed espulsioni indiscriminate di sospetti terroristi – pure quelli nati in Francia – sono ridicole. Tuttavia le politiche di austerità imposte dai Paesi più forti un seno all’Unione europea – e non dall’Ue in sé – , i limiti di bilancio imposti da una moneta unica priva di uno Stato unico o di una vera federazione alle spalle e la mancanza di una politica immigratoria comune europea lasciano il popolo senza risposte e campo libero a movimenti e partiti che denunciano problemi veri ma propongono soluzioni sbagliate.

Il populismo, nella sua accezione americana del termine, può servire alla democrazia europea di oggi come è servito in passato – vedasi le evoluzioni delle istanze lanciate dai vari Wallace, Perot e Buchanan. Ma questo solo se chi ci sta dietro, ovvero il popolo, viene ascoltato, compreso e guidato con responsabilità. In caso contrario, l’elezione di Marine Le Pen all’Eliseo non sarà più solo un incubo, come non lo sono stati la Brexit e l’elezione di Donald Trump.

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