In questi ultimi anni si è sentito spesso, nel dibattito politico, accusare gli ultimi governi di non essere stati “eletti” dal popolo. A tale critica sono seguite accuse di ignoranza e incompetenza, replicando che il governo non è mai eletto dal popolo.
Tuttavia, a mio avviso la diatriba è fondata su un equivoco terminologico e, forse, sulla malafede di chi taccia di incompetenza chi lamenta ex facto il susseguirsi di governi non eletti.
Invero, è fuor di dubbio che il governo non venga mai eletto (in senso strettamente tecnico) sin dall’entrata in vigore della Costituzione: è il presidente della Repubblica a dare l’incarico e poi nominare il presidente del Consiglio dei Ministri, che nell’attuale assetto istituzionale diventa il capo del governo.
Tuttavia, dopo il referendum sul sistema maggioritario degli anni novanta (paventato come la panacea per la stabilità di governo, ma rivelatosi a mio avviso solo uno strumento per impedire il raggiungimento del potere da parte di forze politiche allora emergenti) si è delineato di fatto un sistema bipolare, in cui il capo della coalizione (che appariva talvolta addirittura nel logo elettorale come “*** presidente”) vincente era automaticamente il capo del governo. In questo sistema il cambiamento della maggioranza parlamentare, o il conferimento di incarico di formare il governo a persona non indicata in sede di campagna elettorale, è divenuto gioco forza un tradimento del voto espresso dai cittadini.
Si è quindi creata una prassi costituzionale in tal senso, reiterata per diversi governi: il capo della coalizione vincente diventava di fatto il capo del governo, con una corrispondenza (ed un rispetto) del voto espresso.
Con l’emergere del Movimento 5 stelle, il panorama politico è chiaramente mutato in un sistema tripolare (all’inizio) per poi tornare “bipolare” con il cosiddetto “governo di responsabilità destra-sinistra”, che ha visto allearsi e governare insieme i due poli originariamente opposti, che hanno tuttavia “tradito” la promessa elettorale: nessuno degli elettori aveva mai desiderato (e nemmeno pensato) che votando uno schieramento lo avrebbe mandato al governo insieme agli avversari.
Tornando alla attualità, in questa prospettiva, quindi, la nomina – in successione cronologica – di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni è chiaramente qualcosa di diverso da quello che avevano votato i cittadini.
A ciò si aggiunga che la maggioranza è stata allargata a gruppi originariamente del tutto estranei (ad esempio Denis Verdini), andando così in una direzione diversa da quella voluta (e votata) dagli elettori con il “contratto elettorale” espresso in campagna elettorale.
Così riassunta la questione, la efficace sintesi “governo non eletto”, tecnicamente non corrispondente alla dinamica costituzionale, appare sostanzialmente corretta, ma si presta a essere fraintesa e fortemente strumentalizzata, con buona pace della serenità dei cittadini elettori.