Sarà anche soltanto una questione di stile, ma suscita impressione la foto di Luis Durnwalder, che brinda in una saletta del Caffè Alan, in piazza del Tribunale di Bolzano, subito dopo l’assoluzione di sabato scorso dall’accusa di peculato. Perché l’ex governatore sudtirolese, sorridente mentre afferra una bottiglia di spumante, è assieme non soltanto a uno dei suoi avvocati – Domenico Aiello, il che non stupisce – ma anche al magistrato Cuno Tarfusser, già procuratore della Repubblica di Bolzano. Lo scatto (da sinistra Durnwalder, Tarfusser e Aiello), tratto dalla pagina Facebook del locale frequentato da toghe e operatori di giustizia, è stato pubblicato dal quotidiano “L’Alto Adige” e ha suscitato qualche perplessità, anche se Tarfusser spiega che si è trattato di un incontro del tutto fortuito, non di un brindisi. Una casualità che ha, comunque, originato un caso, vista la circostanza e i diversi ruoli dei due personaggi.
Perché Tarfusser è il predecessore, ai vertici della Procura bolzanina, di Guido Rispoli, che ha istruito il processo contro Durnwalder per l’utilizzo dei fondi riservati della Provincia Autonoma d Bolzano. Tarfusser ha ricoperto l’incarico fino al 2009 quando divenne giudice della Corte Penale Internazionale dell’Aja, di cui è oggi vicepresidente. Il suo posto fu occupato da Rispoli, che però da un paio di mesi è diventato procuratore generale a Campobasso. La nomina è avvenuta ad aprile nel corso del processo a Durnwalder, il che ha impedito al magistrato di sostenere personalmente la richiesta di condanna, formulata dal sostituto Igor Secco che ha poi chiesto tre anni di reclusione.
Inoltre, Tarfusser ha avuto un ruolo, come testimone, nel processo Durnwalder. A chiamarlo a deporre è stata proprio la difesa dell’esponente politico (oltre ad Aiello, anche l’avvocato Gerhard Brandstatter) perché quando il magistrato era in servizio a Bolzano aveva interrogato il presidente della Provincia in relazione alla gestione dei fondi dei gruppi consiliari. Era stato in quella occasione che Durnwalder aveva fatto cenno all’esistenza del fondo riservato (70 mila euro all’anno di appannaggio) senza obbligo di rendicontazione. Ma il procuratore non aveva ritenuto di aprire un’inchiesta. E proprio questo è andato a dire in Tribunale, lo scorso marzo, portando acqua al mulino della difesa secondo cui l’utilizzo dei fondi del presidente era pienamente legittimo, anzi egli aveva tenuto un elenco delle spese, anche se non richiesto dalla legge. E lo aveva detto a Tarfusser.
Che cosa ci faceva sabato l’ex procuratore insieme all’imputato appena assolto? L’interessato spiega: “Non vedo perché mi dovrei giustificare, io in quel bar ci vado sempre. Lì, io sono di casa. E’ Luis Dunwalder che non ci va mai…”. Che cosa è accaduto? “Nulla, assolutamente. Io non sapevo nemmeno che fosse la giornata della sentenza del processo che riguardava l’ex presidente. Ero tornato da L’Aja ed ero andato a mangiare una pizza con mio figlio. Poi ero entrato nel bar”. E lì c’è stato l’incontro. “Macché brindisi, ero lì assolutamente per caso. Ovvio che ho saputo dell’assoluzione. Ma questo cosa significa? A me dell’epilogo del processo non interessava nulla”.
La versione è confermata dall’avvocato Brandstatter. “E’ stato un incontro casuale. Il dottor Tarfusser era assieme al figlio e a un ex collaboratore della Procura. Stava bevendo un caffè, quando Luis Durnwalder è entrato. Il mio collega avvocato Aiello ha aperto una bottiglia. Come ha detto anche il pubblico ministero del processo, nel bar avremmo potuto esserci tutti”.
Adesso la Procura e la difesa sono curiose di leggere le motivazioni della sentenza, attese entro 90 giorni. Solo dopo il pm deciderà se fare appello. Ma come mai Durnwalder è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 385 mila euro per spese non giustificate, mentre in sede penale è stato assolto? “La Corte dei Conti non aveva cognizione di tutta la documentazione – spiega l’avvocato Brandstater – e di certo Luis Durnwalder è l’unico politico italiano ad aver tenuto conto di tutte le spese. Pensa che lo avrebbe fatto se se ne fosse voluto appropriare in modo illecito?”.