Caro ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti,

ho cercato nella letteratura scientifica mondiale dei dati per capire se il picco di diossina (791 pg/m2) riscontrato a Taranto nel novembre del 2014 sia un picco allarmante. La risposta è purtroppo sì. Si tratta di un valore eccezionalmente elevato mai riscontrato in Italia nei deposimetri, e questo avrebbe dovuto far scattare un allarme “entro 24 ore” come prevede la legge, ma di questo parleremo alla fine. Per ora ci soffermiamo sulla eccezionalità del dato. Consulti questi dati che non lasciano spazio a dubbi.

Ilva-640

Sono dati europei che risalgono agli anni Novanta, quando il suo Ministero non ordinava alcuna analisi sulla diossina di Taranto. Mentre in Europa si allarmavano, qui non se ne cercava neppure l’esistenza. Nei lontanissimi anni Novanta le industrie europee cercavano tecnologie migliori e alcune nazioni come il Belgio, la Germania e l’Inghilterra già si preoccupavano di piazzare deposimetri per vedere quanta diossina piovesse sulle case delle persone. Erano anni in cui si apriva uno spiraglio di conoscenza in Europa su una problematica che a Taranto era invece tabù. Noi mangiavamo cozze e fegatini alla diossina. Mi piacerebbe che lei avviasse un’indagine interna al suo Ministero sul perché di tanta incoscienza mentre in Europa si prendeva coscienza. Eravamo “fuori controllo”. Solo da pochi anni disponiamo dei dati e possiamo sapere quanta diossina cade sulle nostre teste. Ma adesso che ci sono i controlli, ecco che saltano fuori le sorprese. A scoppio ritardato, dopo mesi di silenzio. Gli ultimi dati sulla diossina nei deposimetri che ci avete consegnato, dopo tanta e tanta insistenza da parte nostra, sono valori che avrebbero fatto saltare sulla seggiola anche i ricercatori europei nei lontanissimi anni Novanta: 791 picogrammi di diossina a metro quadro non sono un picco, sono una assurdità. Confronti lei stesso quanto è elevato questo dato perché non troverà in Italia un dato recente raffrontabile con esso.

Antonia Battaglia, su Micromega, le ha fatto notare che la situazione a Taranto non è “sotto controllo”, come lei ha dichiarato ai microfoni di Radio Capital. Lei ha sottolineato che il piano ambientale dell’Ilva “è stato finora rispettato”. Ma sta scherzando? L’Ilva ha appena dichiarato che il dimezzamento delle emissioni di diossina previsto per l’8 marzo 2016 è stato rimandato al 30 giugno 2017 grazie ad un decreto del suo governo. Le chiedo: ha ragione lei a dire che si sta rispettando il piano ambientale o ha ragione l’Ilva che invece sostiene che è stato rinviata all’anno prossimo l’adozione del nuovo limite per le emissioni di diossina?

E adesso arriviamo al punto più importante di questa lettera aperta.

L’articolo 304 del dlgs 152/2006 recita: “Quando un danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza”. E subito dopo si legge: “Se l’operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l’autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo”.

Le chiedo: quel picco eccezionale di diossina mai registrato in Italia non doveva far scattare quell’azione di prevenzione espressamente prevista dall’articolo 304? La legge parla di “apposita comunicazione al comune, alla provincia, alla regione” nonché al Prefetto della provincia che “nelle ventiquattro ore successive” l’avrebbe dovuta informare, mentre lei ha dichiarato di essere rimasto all’oscuro di tutto fino al 26 febbraio 2016.

Caro ministro, considerando tutto il tempo trascorso dal momento in cui è stata analizzata la diossina del novembre 2014, perché non è scattata la comunicazione “nelle 24 ore successive”? Lei sta valutando se irrorare la sanzione amministrativa prevista dalla legge? La sanzione può arrivare a tremila euro per ogni giorno di ritardo della comunicazione. Potrebbe anche arrivare a un milione di euro per tutto il periodo trascorso. Avete fatto i calcoli?

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