Nel precedente post abbiamo riferito del caso del notaio Antonio Manzi sospeso dall’ordine dei notai dopo una serie ripetuta di malefatte e portato alla ribalta da un articolo del Tempo. Il caso ci è servito per riflettere su molte cose ma soprattutto sul rapporto che esiste tra la funzione dell’ordine e le tutele del cittadino. Molti sono stati i vostri commenti e centinaia sono state le mail che ho ricevuto da persone che in un modo o nell’altro hanno avuto problemi con i notai.

Credo che sia giusto aggiornarvi sullo sviluppo della discussione.

Nel mio post sostenevo che il cittadino nel mentre è tutelato dall’ordine dei notai nel caso di errori professionali (i notai sono obbligati ad avere una assicurazione), non è tutelato nel caso di truffa, cioè nel caso del notaio disonesto, e teorizzavo la costituzione di un “fondo di risarcimento”.

In realtà non è così. Devo ringraziare pubblicamente il notaio Domenico Cambareri, consigliere nazionale del notariato con delega alla comunicazione e deontologia che mi ha scritto informandomi che in ottemperanza di una legge, pensate un po’, del 1913 (L.89) esiste un regolamento che disciplina un “fondo di garanzia” destinato, riporto testualmente, al ristoro dei danni derivanti da reato commesso dal notaio nell’esercizio della sua attività professionale, non coperti da polizze assicurative” (art 2). La cosa ovviamente mi ha fatto piacere in parte perché la mia idea di “fondo di risarcimento” si trovava ampiamente confermata da quello del “fondo di garanzia”, cioè non era del tutto strampalata, in parte perché il significato e il senso di questa misura gettava una luce nuova proprio sulla funzione degli ordini e sull’impegno deontologico di una professione tanto delicata quanto rispettabile.

La cosa mi ha stupito anche per un’altra ragione. A parte i cittadini come me che sono giustificati a non sapere dell’esistenza del fondo, ho scoperto che gli avvocati che assistono i cittadini alla fine confessano di ignorarne l’esistenza.

A seguito del mio post vi sono stati molti commenti alcuni dei quali generalizzavano un giudizio negativo legato a specifici comportamenti di singoli notai ad una intera categoria fino a teorizzare l’inutilità degli ordini e quindi il loro superamento. Si dà il caso che per ragioni professionali io mi occupi di deontologia anche se nell’ambito della medicina e della sanità. Per cui vorrei proporre su questi problemi un supplemento di riflessione.

Prima però è bene chiarire quale è il postulato che giustifica l’esistenza degli ordini. Esso non è come pensano i più quello di tutelare gli interessi della professione ma è quello di tutelare gli interessi dei cittadini. Ricordo che gli ordini si occupano di deontologia ovvero definiscono autonomamente dei codici deontologici con i quali disciplinano i comportamenti delle loro professioni e che deontologia vuol dire sostanzialmente etica del dovere. Il postulato di partenza è che se i doveri  dei notai, dei medici, degli ingegneri ecc sono garantiti allora sono garantiti anche i diritti dei cittadini. Cioè il postulato è “moralità per la legalità”. Nel caso del notaio Manzi è il venir meno di una moralità che lede la legalità quale diritto. Cioè il dovere nella logica degli ordini è usato quale primaria garanzia di tutela dei diritti quindi della legalità. E’ l’integrità morale della professione a configurarsi quale prima garanzia. Nel caso dell’errore del notaio il discorso cambia. In questo caso il dovere e la morale non è in discussione, quindi il cittadino non ha un problema di immoralità, cioè un problema deontologico, ma ha un problema di fallibilità cioè un problema epistemologico legato al grado inevitabile di imperfettibilità della natura umana, al quale tanto i notai che i medici, ma anche gli ingegneri  pongono riparo con degli indennizzi assicurativi.

Nel mio campo la funzione degli ordini, dei codici deontologici e quindi della deontologia oggi è più che mai vitale perché essendo la sanità e la medicina prevalentemente pubblica essa è da anni sottoposta a politiche di restrizione finanziaria così pressanti da mettere gli operatori nella situazione di non poter garantire il rispetto dei loro doveri. Oggi gli operatori della sanità sono decurtati negli organici, sottoposti a tanti vincoli procedurali e a tanti diversi tipi di limiti economici, per cui fanno fatica a svolgere correttamente  il loro “dovere”. In questo modo essi rischiano di non essere più quali professioni i garanti morali della buona pratica clinica. Tutto cioè moralità e legalità diventa funzione di un inquietante economicismo.

Nel campo del notariato la situazione è ovviamente diversa  ma va sottolineato che se la loro deontologia non prevedesse misure di tutela come il “fondo di garanzia” il cittadino sarebbe senza tutele. Insomma, secondo la regola transitiva, se non vi fosse l’ordine non vi sarebbe il fondo di garanzia e il dovere professionale cioè la morale non tutelerebbe il diritto alla legalità del cittadino. Quindi prima di fare di tutte le erbe un fascio e di teorizzare il superamento degli ordini ci penserei su.

Infine un’ultima considerazione sul fondo di garanzia, esso a mio parere denota due importanti implicazioni:
– ammette e non nega realisticamente l’esistenza della possibilità del notaio disonesto
– ammette implicitamente una sorta di responsabilità morale dell’ordine nei confronti del notaio disonesto.

L’ordine tuttavia esprime questa sorta di responsabilità morale in modo del tutto extracorporativo cioè restando fedele al postulato “moralità quale garanzia di legalità”. Cioè schierandosi accanto al cittadino non al notaio che delinque. Sono andato a leggermi le norme sul fondo di garanzia di cui ancora a dir il vero non conosco la fattibilità concreta, le sue reali possibilità indennizzanti, le sue condizioni di accesso e di fruibilità, ma la cosa che mi ha colpito è come esso è costituito: ogni notaio iscritto all’ordine sborsa di tasca propria su base volontaria ben 1500 euro, che è come una tassa volontaria degli onesti pagata per risarcire gli eventuali disonesti che nonostante l’ortodossia legale del notariato possono capitare come avviene in ogni famiglia professionale.

Tutto questo è solo sulla carta? O è una reale possibilità per chi ha la sventura di incappare in notai disonesti? Ancora non lo so ma intendo scoprirlo. Una cosa è certa, oggi in una società da una parte sempre più corrotta, decadente moralmente, opportunista nelle sue tante forme di individualismo dall’altra che esige sempre più diritti, tutele, garanzie, sicurezze. La questione della deontologia vale a dire dei doveri diventa forse una carta che dovremmo rivalutare e giocarci meglio.

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