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Con il suo intervento “programmatico” al Meeting di Cl Matteo Renzi ha chiarito anche per quelli che volevano far finta di non vedere quello che sarà il ‘menu’ di legislatura di qui al 2018.

Già nella premessa che si fonda sull’equiparazione tra berlusconismo ed antiberlusconismo, considerati come i due mali che hanno inchiodato l’Italia all’immobilismo morti e sepolti, c’è la quintessenza del renzismo post rottamazione (mancata) che al Meeting di Rimini ha cercato e trovato l’investitura per il suo percorso riformatore “rivoluzionario”.

Il presidente-segretario non si è limitato a rivendicare il successo dell’approvazione dell’Italicum una rivoluzione che consente di governare e di non doversi difendere dagli assalti dell’opposizione e della minoranza ma ha asfaltato impietosamente i tentativi in extremis di restituire agli elettori il diritto al voto per il Senato.

Che le aperture sulla riforma costituzionale elargite e ritrattate secondo la tattica della disponibilità del momento fossero fasulle era sufficientemente chiaro.

Ma l’irrisione riservata ai dissidenti del suo partito, che peraltro hanno la responsabilità di aver finora avallato una riforma negativa non solo per la compressione della rappresentanza democratica ma anche per il cumulo di conflitti di attribuzione ampiamente paventato dai costituzionalisti di ogni orientamento, è stata più becera degli epiteti per cui viene messa all’indice l’opposizione.

Affermare testualmente non è che devi votare tante volte per avere più democrazia, quello è il Telegatto non è il Senato” e liquidare come dibattito incredibile la mole di emendamenti per evitare che sindaci e consiglieri regionali in automatico si trasformino in Senatori, con inclusa immunità parlamentare, oltre che disprezzo per la minoranza del suo partito e per l’opposizione è fastidio ostentato per il diritto all’elettorato passivo.

Ma dato che l’incontro con cui Renzi si è saldamente inserito nella tradizionale sintonia del potente di turno con la platea e soprattutto con il gotha ciellino, “orfano” di Formigoni e Lupi, aveva respiro internazionale e non poteva né doveva mancare un messaggio distensivo per Putin, già amico di tutti, ed in particolare di B. che a suo tempo si è speso come “facilitatore” delle relazioni tra il vecchio e il nuovo amico.

Dopo l’ accoglienza da star che Renzi gli aveva tributato sul set di Expo, dove Putin si era lanciato in un’invettiva di fuoco contro le sanzioni mentre l’Europa ribadiva che la Russia non era più un partner privilegiato, il Meeting ha rappresentato l’occasione ideale anche se con toni apparentemente soft per riaffermare il rapporto privilegiato riservato a Mosca.

D’altronde non si vede perché, se per Renzi il berlusconismo che ha minato la democrazia in Italia e l’antiberlusconismo che ha tentato di contrastarlo sono la stessa cosa, lo strapotere antidemocratico ed espansionista di Putin debbano essere guardati con sospetto né tantomeno sanzionati.

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