Musica

Paul Weller presenta il suo Saturns Pattern: “Un lato positivo dell’invecchiare? Ti importa meno del parere degli altri”

A Milano per raccontare la sua dodicesima fatica da solista, 'the Modfather' , 57 anni portati con eleganza e attitudine da dandy, ha parlato di influenze musicali, della Londra dei Beatles e delle sue nuove consapevolezze senza dimenticare le istanze politiche e d'attualità delle quali si è fatto portavoce per decenni: "Mi ha fatto molto ridere vedere Cameron ai funerali di Nelson Mandela: proprio quel Cameron che da giovane conservatore aveva appeso nella sua stanza un poster che incitava alla condanna a morte dei cosidetti terrosisti sudafricani..."

di Claudia Rossi

Blazer chiaro, camicia blu, fazzoletto nel taschino e nessun grottesco tentativo di camuffare i suoi 57 anni: che per Paul Weller sia anche ‘questione di stile’ è cosa nota fin da quando, leader dei Jam prima e degli Style Council poi, definì un immaginario estetico oltreché musicale e culturale: “I ragazzi di oggi sicuramente hanno molte cose che possono interessarli o distrarli – racconta ‘The modfather’ – Uno della mia età, se si guarda indietro, si rende invece conto che noi da ragazzini avevamo la musica, la moda e il calcio. L’insieme di queste tre cose ci ‘definiva’”.

A Milano per presentare il suo ultimo lavoro, Saturns Pattern, Weller è rilassato e cordiale mentre parla di questa ultima prova da solista: “E’ un album che ha diverse influenze. Non mi interessa più dividere la musica in generi e categorie: quel che mi interessa è fare un bel lavoro”. Saturns Pattern è un disco eterogeneo, dissimile da quanto fatto finora eppure coerente, tra blues rock, funk e synthpop. Forte, sia a livello sonico che testuale, la presenza di una Londra da sempre centro d’attrazione per Paul, “viva e pulsante” nel brano “These city streets“: “Subisco ancora il fascino di questa città. Mi sono trasferito nella zona di Baker Street quando avevo 18 anni o giù di lì: dietro casa mia c’era la famosa boutique dei Beatles… Sono stati loro quattro a inventare e a cambiare tutto: non so dire se abbiano interpretato o anticipato i tempi ma questo non è importante. Quel che so è che da ragazzo aspettavo il loro nuovo album con trepidazione, perché sapevamo che avrebbero fatto qualcosa di innovativo e che si sarebbero spinti un po’ più in là…”.

Nessuna nostalgia negli occhi di Paul mentre racconta un passato che sembra dietro l’angolo e, d’altra parte, Weller si serve del brano “I’m where I should be” per dichiarare di trovarsi esattamente dove vuole essere, senza malinconie: “Ci ho messo 55 anni per capire che questo è il mio posto nel mondo e per sentirmi a mio agio nella mia pelle – dice, sorridendo – Non so se questa consapevolezza dipenda dall’età o dall’innamorarsi della persona giusta. Quel che so è che ci sono degli aspetti positivi nell’invecchiare: uno su tutti? Ti importa meno del parere degli altri”. E chissà se quel ragazzo che a 18 anni passeggiava per il West End londinese sognando i Beatles aveva nei piani quest’ultimo, eclettico, lavoro, realizzato con la collaborazione di musicisti conosciuti da tempo (come il chitarrista Steve Brookes, già nei Jam) e di artisti poco meno che ventenni, come Josh McClo­rey, voce e chi­tar­ra degli irlan­desi Stry­pe: “Josh è un musicista pazzesco e ho lavorato con lui già diverse volte. Ogni volta mi sorprende”, dice con la sicurezza di chi sa d’aver segnato intere generazioni, non solo musicalmente.

Non dimentica, Weller, le istanze politiche e d’attualità delle quali si è fatto portavoce per decenni, mano tesa verso una working class della quale si è sempre sentito parte, e simbolo di una English way of life fatta di concretezza più che di slogan: “Le canzoni politicamente impegnate che scrivevo all’epoca mi venivano in modo naturale: quello che potrei scrivere oggi non è molto diverso da quello che avevo in mente 30 anni fa. Gli inglesi sono cambiati in meglio ma non si può dire lo stesso per quel che riguarda la classe politica: i politici sono tutti uguali, tutti di estrazione borghese, che siano di destra o di sinistra. Il senso di comunità e solidarietà della classe operaia è stato smantellato dalla Thatcher, negli anni ’80. Oggi abbiamo i suoi figli ancora lì a comandare. Mi ha fatto molto ridere vedere Cameron ai funerali di Nelson Mandela: proprio quel Cameron che da giovane conservatore aveva appeso nella sua stanza un poster che incitava alla condanna a morte dei cosidetti terrosisti sudafricani…”.

Aprirà il 26 giugno alla Somerset House la mostra “The Jam: About the young idea“: “Ne sono molto orgoglioso – chiosa Weller – anche se ho lasciato fare agli organizzatori per quel che riguarda l’allestimento e gli oggetti da esporre. Gli ho dato la possibilità di frugare nei miei scatoloni dell’epoca”.

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