manifestoChe cosa fare per diventare comunisti dandy? Sempre ammesso che si possa fare qualcosa per diventarlo. E, se è vero che i comunisti dandy mangiano solo bambini eleganti, cosa mangerà mai un bambino comunista dandy? Di certo non gli omogeneizzati. Il comunista dandy si sposa? E la comunista dandy? Perché quando va in albergo il nostro protagonista nota non senza imbarazzo di aver usato dalla prima all’ultima delle tovagliette disponibili, asciugamani, teli da bagno? Ama la Parmigiana perché forse il nome richiama alla mente il Partizan di Belgrado?

Inizia così, con queste domande, l’esplosivo, divertentissimo e geniale testo di Francesco Forlani, Manifesto del comunista dandy (Miraggi Edizioni). La psicanalisi, l’erotismo, il radical kitsch, la malinconia, l’educazione dei bambini sono solo alcuni degli argomenti a cui il Manifesto in questa sua nuova edizione cerca di offrire una risposta, perché di nuovissima e rivoluzionaria edizione si tratta, infatti il testo è uscito per la prima volta per le edizioni Camera Verde nel 2007, ma la presente non è una riedizione, ma un libro del tutto nuovo, dato che venticinque anni di articoli, esperienze, stratificazioni, hanno possibilità combinatorie ed espressive infinite.

È un libro che farebbe bene a ogni potenziale lettore. Con il suo mix perfetto di intelligenza, flânerie da bistrò operaio, analisi filosofiche che richiamano a certe follie artaudiane aromatizzate al Forastera bianco, il Manifesto può essere un compagno cartaceo e guascone da gustarsi ovunque. Un amico pronto a darci una mano davanti ai gravi problemi della vita. Prendiamo per esempio l’articolo 2: Lunga vita ai debitori.

Il comunista dandy che affida l’organizzazione della propria vita a un complesso sistema secondo cui quanto guadagna sarà sempre e comunque inferiore rispetto a quanto spende, rispetterà tuttavia una serie di regole e gli enunciati che seguono. Avendo Marx parlato di distribuzione delle ricchezze e non credendo il comunista dandy alla potenza salvifica della violenza, la strategia da sviluppare consisterà nel contrarre debiti con persone ricche e non onorare tali debiti.

I rivoluzionari eleganti non passano mai di moda. Decabristi tutto l’anno, mozzi dell’incrociatore Aurora, assalitori di palazzi d’Inverno per farne primavere d’arte. Aspettando le cartoline dal mare della coppia Luxemburg-Liebknecht, e badando a guardarsi dal menscevismo di ritorno, dipingono di rosa situazionista gli Stalin monumentali, mettendo fiori nei cannoni dei carrarmati del Patto di Varsavia in piazza Venceslao. Onore e gloria al compagno di Socialismo Umano Alexander Dubček. E a nonno Ingrao. Un libro che vale un piano quinquennale e non è – Stachanov, o il suo reciproco Oblomov, permettendo – un Grande Balzo in avanti. Non più di mezzo metro, magari. Ma con classe. Lotta inclusa.

Lotta che può essere lotta erotica, o pornografica: “In un recente dibattito – recente da quando? – due scrittori si affrontavano – ma uno, di faccia straniera e di fede patria, con toni decisamente nervosi – sull’annosa questione di chi scrive e cosa. Più esattamente, l’argomento chiave, di volta in volta suggerito e ripreso, è riassumibile nella frase: bisogna scrivere di cosa si sa e si conosce. Il comunista dandy, antenato di Socrate ed erede di Carmelo Bene, vive in una certezza apodittica che se è vero che si sa poco – in generale – di tutto, è altresì vero che si può sapere male anche quello che non si sa. Il comunista dandy ritiene insomma che non si debba per forza scegliere tra un Baricco, per esempio, totalmente finto (nel senso di fiction francese), e quanti nel limite imposto dal bisogno di verità sono i nuovi ombelicisti dell’arte delle minoranze – in altri termini quelli che dedicano centinaia di pagine alle proprie trascurabili felicità (Francesco Piccolo). Ci sono altre possibilità. E per fortuna. Un esempio su tutti: la letteratura comunista dandy. La letteratura comunista dandy, per esempio, su tutti, si ripete. Perché non è vero che le cose buone non si ripetono.

Il Manifesto dà inoltre ampio spazio al futuro. Ai pargoli. Alle problematiche genitoriali che ogni rivoluzionario comme il faut si trova ad affrontare: “Il bambino comunista dandy non scassa la minchia, ovvero pur essendo un bambino vivace sa quando è il momento di smetterla, cosa che tanti adulti non sanno o fingono di non sapere, il che è lo stesso. Il bambino comunista dandy a differenza degli altri non martellerà il suo entourage domestico di perché (“e perché il Pci ha cambiato nome? perché abbiamo perso la guerra di Spagna? Perché gli aerei volano basso e i treni non volano?), ma lo Falcerà di come (“com’è possibile!”, “ma come!”), e dunque possiamo dire che la sua indole è più esclamativa che interrogativa. Altra caratteristica del BCD è che quando gli si dice “quando sarai grande” lui si tocca le palle (piccole ma operative). Il bambino comunista dandy sa del resto, perfettamente, che il più delle volte il problema bambino – bambino = problema – in realtà è una questione tutta tra adulti, problematica a cui per lo più si pensa di portare una soluzione proprio attraverso il ricorso al bambino.

Francesco Forlani è nato a Caserta nel 1967 e vive tra Parigi e Torino. Collaboratore di varie riviste internazionali, Paso Doble, Atelier du Roman, Sud, Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano, tra cui Métromorphoses (Paris 2002), Il manifesto del comunista dandy (Roma 2007), Autoreverse (Napoli 2009), Il peso del Ciao (Forlì 2012), Parigi senza passare dal via (Laterza 2013). Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska e il monologo Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale scrittori Osvaldo Soriano Football Club. Insieme a Marco Fedele conduce il programma radiofonico Cocina Clandestina su Grp.

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