Nuovo capitolo della “operazione trasparenza” dell’Inps. Stavolta sotto la lente finiscono le pensioni liquidate agli ex dipendenti dell’Enel e delle aziende del settore elettrico tra il 2000 e il 2014: il 99% degli assegni pagati è superiore a quello che risulta dal ricalcolo con il metodo contributivo. Si spiega così il buco nei conti dell’ex Fondo elettrici, che nel 2015, anticipa l’istituto di previdenza, registrerà un disavanzo di 1,9 miliardi e un debito di 30.
Secondo i calcoli contenuti nella scheda, grazie a regole più generose l’84% dei pensionati del settore elettrico gode di prestazioni superiori di almeno il 20% rispetto a quanto percepirebbero con il contributivo. Il 13% ha un vantaggio variabile tra il 10 e il 20%, il 48% riceve un trattamento tra il 20 e il 30% superiore a quello che avrebbe avuto basando l’assegno sui contributi versati, il 31% riceve il 30-40% in più e il 5%, infine, ha un vantaggio che va dal 40 al 50 per cento del totale. Solo l’1% avrebbe invece una prestazione più alta se ricalcolata con il contributivo.
Il vantaggio aumenta a fronte di età di pensionamento più basse. Le variazioni, sottolinea l’Inps, “sono significative”. Ad esempio un funzionario andato in pensione a 61 anni nel 2013, titolare a gennaio 2015 di una pensione lorda mensile di 3.100 euro, percepisce una prestazione di 900 euro più alta di quella a cui avrebbe diritto sulla base di quanto versato alle casse dell’istituto. “Merito” di regole molto più generose: per esempio la retribuzione usata per il calcolo della pensione fino al 1992 era quella degli ultimi 6 mesi e non degli ultimi cinque anni come per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dipendenti, nel quale “gli elettrici” sono confluiti nel 2000 dopo la soppressione del loro fondo di categoria. L’aliquota di rendimento era poi fissata al 2,514% anziché al 2. Tra il 2012 e il 2017 per gli iscritti e i pensionati del Fondo è previsto un contributo di solidarietà.
Sempre lunedì l’istituto presieduto da Tito Boeri ha anche diffuso una scheda statistica con i dati relativi alle pensioni vigenti all’1 gennaio 2015 e liquidate nel 2014. La stragrande maggioranza dei trattamenti è stata calcolata con il metodo retributivo, in genere molto più favorevole di quello contributivo: le pensioni ‘retributive’ sono 12,4 milioni su 14,03 milioni (l’88,47%) mentre quelle calcolate interamente con il contributivo sono appena il 2,87% (poco più di 402mila). Gli assegni previdenziali calcolati con il sistema misto sono l’8,6%. Nel complesso l’importo medio mensile delle pensioni previdenziali vigenti al primo gennaio 2015 è di 916,63 euro, ma per gli assegni calcolati con il retributivo l’importo medio è di 943,63 euro e per quelli calcolati con il sistema misto (quello in cui ricadono i lavoratori che nel 1995, ai tempi della riforma Dini, avevano meno di 18 anni di contributi) è di 868 euro. Gli assegni calcolati con il contributivo puro – quelli di chi ha cominciato a versare dopo il 1995 – si fermano invece in media a soli 231,16 euro al mese.