Mentre sui media imperversa la guerra della propaganda alimentata dalla politica della paura perseguita dai vari politici e dall’Isis, avanza nel mondo mussulmano l’ideologia del Califfato come un’onda anomala contro la quale non si può fare nulla. E certamente a fermarla non sono le truppe irachene alleatesi a quelle della guardia rivoluzionaria iraniana che, insieme ai curdi ed alle milizie sciite di al Sadr, hanno preso d’assedio la città di Tikrit, luogo natale di Saladino, l’eroe mussulmano delle crociate, e di Saddam Hussein, l’ex-dittatore iracheno. Tantomeno l’’aviazione virtuale americana, composta da droni pilotati a distanza, che appoggia l’assalto contro l’Isis a Tikrit sembra in grado di fiaccare l’esplosione di consenso e supporto che lo Stato Islamico sta ricevendo nel mondo mussulmano. Anzi, sembra quasi che più gli americani ed i loro nuovi alleati bombardano, più cresce la popolarità dell’Isis.

Dopo la comparsa della bandiera nera e bianca del Califfato in Libia e le minacce all’Europa lanciate da gruppi di jihadisti che l’hanno fatta loro, ecco che nel giro di dieci giorni questa compare in parti diverse del mondo. Boko Haram, il gruppo armato più forte del continente africano, ha dichiarato esplicitamente di essere un vassallo del Califfato. Subito dopo è stata la volta della Tunisia, dove un commando ispirato dalla dialettica violenta dell’Isis ha fatto strage di turisti nel museo Bardo di Tunisi. Oggi, durante la preghiera settimanale strage in una moschea dello Yemen, altra nazione che sta scivolando nella guerra settaria tra sciiti e sunniti. Chissà cosa succederà la prossima settimana, viene spontaneo chiedersi, se continua così l’onda si abbatterà presto sul Caucaso, nell’Asia centrale fino al sud est asiatico. E forse è tempo di rivedere la politica estera ed interventistica dal momento che questa sembra alimentare la violenza jihadista invece di disintegrare il Califfato.

Caratteristica comune dei nuovi adepti, i cosiddetti vassalli jihadisti, è la sottomissione, almeno verbale, all’autorità del Califfo, Abu Bakr al Baghdadi, ex compagno di battaglia di al Zarqawi. Costui è una figura chiave perché è l’uomo che nel lontano febbraio del 2003 gli Stati Uniti ci hanno falsamente presentato come il legame, totalmente fittizio, tra bin Laden e Saddam Hussein, per giustificare l’intervento armato preventivo in Iraq. Se non avessimo creduto a quelle menzogne molto probabilmente oggi lo Stato Islamico non esisterebbe. Ma lo abbiamo fatto ed adesso dalla tomba i due leader del jihadismo del XXI secolo, bin Laden ed al Zarqawi, continuano ad esercitare sul mondo la loro nefasta influenza, questo almeno è ciò che viene spontaneo pensare. In realtà chi minaccia la stabilità del mondo mussulmano non sono i fantasmi del passato, anche se trasformatisi in icone, ma l’incompetenza della classe politica delle nazioni più potenti, e cioè l’occidente, che non solo ci ha imbrogliato nel 2003 ma continua a farlo ancora oggi.

Washington ha scelto una strada pericolosissima ma non vuole dircelo: l’alleanza con l’Iran per usare le truppe di questa nazione contro lo Stato Islamico richiede un’inversione a U riguardo al regime di Damasco ed alle milizie sciite come gli Hezbollah libanesi. Questa nuova alleanza è esattamente ciò che vuole l’Isis, la creazione di un fronte unitario tra sciiti ed occidentali.

Facile contrapporre a questa realtà il fronte jihadista, e facile per quest’ultimo darsi una connotazione anti-imperialista dove la dicotomia settaria, sciiti verso sunniti, sfuma assumendo colorazioni politiche più importanti e specifiche: élite sciite al potere contro la popolazione sunnita. E’ quello che stiamo vedendo prendere forma nello Yemen. Boko Haram non ha mai enfatizzato la dialettica settaria ma ha abbracciato subito quella anti-imperialista che facilita il reclutamento e la radicalizzazione perché allarga il cerchio dove cercare i potenziali militanti.

Le élite sciite sono gli alleati dell’occidente mentre i sunniti sono le loro vittime, questa la narrativa, potente, moderna dell’Isis, un racconto che galvanizza il mondo sunnita che ruota intorno al jihadismo. E’ dai tempi della guerra civile in Spagna che non si verifica una dicotomia così chiara e ben definita che attrae combattenti da tutto il mondo. E sbaglia chi pensa che questo sia un fenomeno recente. E’ dal lontano agosto del 2003, quando al Zarqawi ha introdotto nel conflitto iracheno la dialettica settaria con il primo attacco suicida contro gli sciiti non perché apostati ma perché alleati delle forze di coalizione, che questa contrapposizione si sta sviluppando. Ci sono voluti più di dieci anni di errori tattici da parte dell’Occidente per trasformare questo messaggio nella nuova versione, quella jihadista, dell’ideologia anti-imperialista.

La religione è solo un collante, le motivazioni vere sono ben diverse ed affondano nei mali della politica moderna: il tribalismo che la caratterizza, ahimè, non solo in oriente ma ormai anche in Occidente.

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