Si schierano su tutto, ma dello scontro dentro la Lega Nord non gliene frega nulla. Il 53% delle persone intervistate da Lorien Consulting non riesce a avere un’opinione sulla rissa tra il segretario federale del Carroccio Matteo Salvini e il sindaco di Verona, defenestrato dal partito, Flavio Tosi: il tema è sentito quasi solo tra gli elettori della Lega, il 93% dei quali prende posizione (tra le varie opzioni proposte dall’istituto di sondaggi). Sul campione totale (5oo persone) il 20% è del parere (tardivo) che Tosi dovesse rimanere dentro il partito e ricucire lo strappo, il 10% suggerisce di restare ma solo in cambio dell’annullamento del commissariamento della Liga Veneta e solo il 9 giudica buona la scelta di uscire dalla Lega e allearsi con l’area moderata di Ncd e Udc (come potrebbe accadere). Ma il dato sulla Lega che salta all’occhio è un altro: se infatti le intenzioni di voto si confermano intorno al 14%, questa cifra si identifica con il cosiddetto “bacino potenziale“, cioè coloro che prendono anche solo in considerazione di votare il Carroccio. Significa, più o meno, che non ci sono elettori in più da conquistare, almeno per ora. Che il consenso potrebbe essere al suo massimo.

Il governo e i partiti
Poi ci sono i dati sui partiti e sul governo che non registrano grosse novità. Il giudizio sul governo torna a scendere, anche se di poco: da due mesi galleggia d’altronde tra il 45 e il 48 per cento. L’ultimo dato è del 45% dopo il 46 della settimana scorsa. Tra i dati più generali invece continua la flessione dell’indice di fiducia nel futuro degli intervistati che ora torna sotto al 50 per cento. Un calo cominciato intorno alla metà di gennaio: dal 53% si è passati al 51, poi al 50 e ora al 49.

Quanto alle forze politiche non ci sono scossoni. Il Pd resta di gran lunga il primo partito (38,5%). Seguono il Movimento Cinque Stelle (17,5), la Lega Nord che continua a essere il primo partito del centrodestra (14,5%), Forza Italia (12). Sia la Lega che Fi perdono in una settimana mezzo punto percentuale. Riuscirebbero, ad oggi, a superare la soglia di sbarramento necessaria all’ingresso in Parlamento l’Area popolare (Ncd più Udc) che arriva al 4,3 e Sel che resta al 4. Più in difficoltà Fratelli d’Italia (2,5%).

Lo zoccolo duro dei partiti: i casi di Pd, M5s e Lega
Suggerisce qualcosa anche un “esperimento” ulteriore che Lorien ha effettuato: cioè calcolare lo “zoccolo duro” di ciascun partito, vale a dire la quota di elettori che sicuramente voterebbero le forze politiche, ma anche il bacino potenziale, cioè coloro che prendono anche solo in considerazione questo o quel partito. Gli elettori fedeli dei partiti più piccoli si riducono notevolmente rispetto alle intenzioni di voto per via del “richiamo” del voto utile. Un esempio è Sel: il bacino potenziale arriva addirittura al 9% (che i partiti a sinistra del Pd non hanno mai preso), l’intenzione di voto vera e propria è al 4, ma i fedelissimi si fermano all’1,3% perché un’alternativa valida è scegliere il Pd (sperando in proposte e decisioni “più di sinistra”).

Sono simili, in proporzione, i dati di Pd e M5s. Mentre, infatti, tutti i partiti registrano un’intenzione di voto inferiore rispetto al bacino potenziale, in questi due casi succede il contrario. E sia democratici che grillini soffrono meno lo scarto con gli elettori fedeli (che sono comunque diversi milioni di voti effettivi). In percentuale il Pd raccoglierebbe certamente il 16 per cento, mentre il M5s poggia su una base sicura dell’8%. Infine si segnala il caso della Lega Nord: bacino potenziale e intenzioni di voto sono identici, il che potrebbe dire che il consenso del Carroccio sembra arrivato al massimo. In realtà molto si gioca sull’ultimo dato significativo: il 29% degli intervistati non prende in considerazione nessun partito, il 48% non dà alcuna intenzione di voto e il 10% ha già deciso che sicuramente non si presenterà alle urne alle prossime elezioni.

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