Una partita a scacchi. Un dialogo con il linguaggio dei segni. Segnali di fumo sottoforma di leggi proposte e poi rinviate, di voti che ci sono, scompaiono e poi tornano. Nessuno lo dirà, ma l’impressione è che tra governo e Forza Italia più che una rottura, un divorzio, una rissa di strada, sia in corso una vertenza stragiudiziale. Silvio Berlusconi deve galvanizzare i suoi e quindi dice che il Pd ha tradito, che Forza Italia farà opposizione a 360 gradi, che continuare con questa intesa sarebbe “ottuso e nefasto”. Matteo Renzi e gli altri democratici ripetono da giorni che loro hanno voti che bastano e avanzano per fare tutto ciò che finora hanno potuto fare solo grazie al soccorso azzurro dei berlusconiani.  “Con Berlusconi i rapporti non sono positivi” afferma a SkyTg24.

Ma intanto in mezzo c’è la posta in gioco: da una parte l’Italicum e le riforme istituzionali su cui si gioca tutto il presidente del Consiglio (“Entro sabato vogliamo chiudere” ha detto il ministro Maria Elena Boschi sull’abolizione del Senato); dall’altra ci sono la delega fiscale con la possibile norma chiamata “salva Berlusconi”, il ddl anticorruzione, l’emendamento sulle frequenze tv che priverebbe Mediaset di una trentina di milioni di euro. Tutti provvedimenti, questi ultimi, che sono stati rinviati. Il primo – che sembrava urgente e prioritario – di alcuni mesi, il secondo di una settimana (dopo svariati rinvii in commissione dove il testo è fermo da 9 mesi), il terzo è una proposta di modifica del governo al decreto Milleproroghe che nelle intenzioni dovrebbe essere discusso in questi giorni. Il rinvio del decreto fiscale, in particolare, come dice Stefano Fassina (Pd), “è un segnale negativo, non se ne capisce il senso: sul piano tecnico il provvedimento è pronto. Resta un decreto con effetti potenziali sul capo dell’opposizione: mi rifiuto di pensare che il governo lo usi per condizionare. Infine l’ultimo aspetto: resta da capire se e come Berlusconi – a prescindere dalle parole severe pronunciate nei confronti di Raffaele Fitto – riesca a “tenere” i suoi. Già nei giorni scorsi, dopo l’ufficialità della rottura del patto, Forza Italia ha votato praticamente in ordine sparso. Circostanza che va al di là del concetto ribadito ancora oggi dall’ex capo del governo: “Votiamo cosa ci piace” e “sul voto finale decideremo più avanti”.

Però questa volta è Berlusconi a parlare e non uno dei suoi in un partito in cui non si capisce più bene chi disegna la linea. “Non siamo stati noi a rompere il patto del Nazareno ma è stato il Pd – dichiara l’ex Cavaliere all’assemblea dei parlamentari forzisti – Perciò da oggi cambia tutto e faremo opposizione a 360 gradi. La linea politica seguita fin qui era la mia linea politica. Se c’è una responsabilità è mia perché io ci avevo creduto e sperato fino in fondo…”. Proseguire con il patto, insomma “sarebbe ottuso e politicamente nefasto, non per noi, ma per gli elettori moderati che rappresentiamo e per il Paese tutto”. Ma il ruolo di opposizione  l’opposizione va fatta anche sul resto, compreso “Oggi il 25% degli italiani vive con meno di 10mila euro all’anno, le imprese continuano a chiudere e a delocalizzarsi mentre il decreto sul lavoro e le deleghe fiscali languono nel limbo. I pensionati e gli artigiani non hanno avuto alcun segnale”.

Oggi, dunque, secondo l’ex presidente del consiglio, “si apre una fase nuova a cui tutti devono partecipare”. Una fase nuova in cui Berlusconi tornerà protagonista grazie alla fine della pena da scontare dopo la condanna definitiva nel processo Mediaset: “Dal 9 marzo sarò di nuovo pienamente in campo, sono sicuro che sarete con me”. Certo, non appare proprio un aut aut: “Venuto a cadere quel patto profondo per cambiare insieme l’Italia, continueremo comunque ad appoggiare ciò che delle riforme ci piace e che riteniamo utile per il Paese. Ma non accetteremo più di votare per tutte quelle parti che avevamo accettato solo per amore di un disegno più ampio e più importante. Valuteremo cosa approvare e cosa cercare di cambiare e alla fine del percorso, valutato come il nostro contributo sarà stato recepito dalla maggioranza, decideremo come comportarci al voto finale. E così faremo anche sulla legge elettorale”. Ma le cicatrici nel rapporto di Matteo Renzi rimangono: “La scelta non condivisa di una persona degna, come il presidente Mattarella, fa emergere una serie di fatti che non possiamo oggi non considerare: il Pd, quando gli conviene, non esita a rimangiarsi la parola data”. Tutti concetti messi neri su bianco in un documento che è stato approvato all’unanimità. “Preparatevi che il 9 marzo vi trasformerò in rivoluzionari“.

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