Due giorni fa a Piazza Pulita, su La7, l’imprenditore-politico romano Alfio Marchini ha detto che l’Italia deve ristrutturare il suo debito perché così non è più sostenibile e impedisce la ripresa. Un’impresa cerca di convincere i creditori a un rinvio dei rimborsi o a uno sconto quando non è più in grado di pagarli. Per uno Stato sovrano, che ha continuo bisogno di finanziarsi sul mercato, equivale al default.
Si potrebbe discutere per giorni se la traumatica ricetta ha senso. Ma è più interessante la premessa: davvero il debito italiano è insostenibile? Sembra di no: il rendimento dei buoni del Tesoro a 10 anni è passato in un anno dal 4,09 per cento al 2,17, costa oggi la metà che a fine novembre 2013. Nell’ultimo Rapporto sulla Stabilità finanziaria della Banca d’Italia si legge che il ministero del Tesoro ha riportato la durata media del debito residuo a 6,4 anni: una buona notizia, nei tempi difficili si accorcia perché finanziarsi a breve costa meno ed è più facile se gli investitori non si fidano di avere indietro i loro soldi dopo 10 anni. A fine giugno, ultimi dati disponibili, la quota di debito italiano in mano a non residenti, quelli più inclini a vendere in caso di panico, era il 29,4 per cento, in aumento del 2,4 rispetto alla fine del 2013. E, visto che i buoni del Tesoro rendono meno, di tutti quelli in circolazione ora le banche italiane ne hanno il 20,1 per cento. Tantissimo, ma meno del 21,7 di un anno fa. Un’inversione di tendenza importante. In estate si è vista una certa fuga dagli asset italiani, misurata nel sistema Target2 (compensazione tra Banche centrali dell’area euro), ma Bankitalia dice che “probabilmente” si è trattato solo dell’effetto di alcune operazioni del Tesoro nella gestione del debito. Dal lato del debito va tutto bene, insomma. Anche troppo.
La crescita non si vede, il Pil nel 2015 crescerà al massimo dello 0,5-0,6 per cento, il debito aumenterà ancora al 133,8 per cento, il deficit sarà almeno il 2,7 (ma molti si aspettano che, a consuntivo, quel del 2014 risulterà superiore al 3 per cento, trascinando al rialzo il dato 2015 e innescando sanzioni europee). La manovra è piena di buchi, tra clausole di salvaguardia, tagli lineari dall’impatto incerto e misure anti-evasione che, seppur descritte come serie dai tecnici, possono essere valutate davvero soltanto ex post. Se i mercati fossero razionali, dovrebbero guardare con maggiore sospetto all’Italia, soprattutto ora che la Banca centrale europea sembra bloccata tra le promesse di Mario Draghi e i veti del tedesco Jens Weidmann. Invece gli investitori continuano a trattarci con benevolenza. Quando nella finanza ci sono cose inspiegabili, spesso si tratta di bolle, cioè di comportamenti assurdi basati su ipotesi sbagliate. Tutte le bolle scoppiano. E di solito fanno molti danni.
Twitter @stefanofeltri
il Fatto Quotidiano, 26 Novembre 2014
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