Fino a tre anni fa non sapevo nulla delle allerte meteo, poi sono arrivata in Liguria e ho capito tutto.
Nel modo più immediato possibile. Scappando da casa in un pomeriggio di ottobre, stringendomi forte al petto una delle mie figlie. L’acqua al ginocchio, scorreva marrone dal monte soprastante e formava cascate assordanti. Trovammo rifugio dal vicino Bed&Breakfast. Certe scene le avevo viste solo in televisione. Ci eravamo trasferiti da appena un mese. Era il 25 ottobre 2011 e nello Spezzino e in Lunigiana morirono un totale di tredici persone.
Da allora le allerte meteo 2 si sono susseguite, rimbalzate, con ingiustificabile ritardo o “paraculistica” prudenza.
Oggi le scuole sono chiuse.
Sono in arrivo piogge alluvionali sulla Liguria e in altre zone d’Italia. Ieri, all’uscita di scuola, un cartello campeggiava sul cancello d’ingresso. Le facce delle mamme tradivano un’ombra scura, l’accenno di inquietudine che precede la paura. Gli stessi occhi che vidi tre anni fa, quando andai a prelevare mia figlia in Comune, evacuata dall’asilo costruito in prossimità del fiume. Tutte le volte che un’allerta 2 bussa alla porta, frammenti di quei ricordi tornano vivi e attivano un campanello d’allarme interiore.
Si teme che quella natura dolce e materna che qui abbraccia tutto, cambi volto trasformandosi in quella forza distruttrice, capace di sputare fango e detriti.
Tra le strade del paese semi deserto si aspetta il pomeriggio, quando le piogge dovrebbero intensificarsi. Nel frattempo, la cittadinanza ci pensa da sé. Assi di legno a sbarrare le porte d’ingresso che danno sulla strada, sacchi di sabbia a deviare rivoli e pendenze sbagliate, pali di castagno per fermare alla bell’e meglio inizi di smottamenti sui terreni incerti. Tra la gente alberga un senso di rassegnazione e abbandono, di lugubre attesa nella speranza tacita che stavolta, il mostro d’acqua, devierà da qualche altra parte.
Messi di fronte al fatto compiuto – l’allerta meteo 2 – veniamo istruiti sui comportamenti da tenere durante “l’assedio”: non uscire, non guidare se non strettamente necessario, evitare i sottopassi. Norme comportamentali per tamponare l’ineluttabile. Manuali di sopravvivenza per limitare i danni anziché evitarli tout court, ad esempio mettendo in sicurezza un territorio che si sta letteralmente sgretolando ad ogni pioggia.
Micheal Moore, nel suo leggendario ‘Bowling for Columbine‘, raccontava di come mantenendo alto il livello di paura nella popolazione, la si potesse più facilmente controllare. Quando la gente ha paura, difficilmente riesce a vedere oltre. Passato lo spavento però è indispensabile raccogliere le idee e pretendere dalle istituzioni ben più che la chiusura delle scuole. O spiccioli per la ricostruzione.
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