Dovevano stare davvero male i tre ragazzi che hanno aggredito Salvatore, 14 anni, per arrivare a rifarsi su un ragazzino solo e molto più piccolo. Se volevano dimostrare di essere più forti non si sono dovuti sforzare molto.

Ci si domanda cosa spinge ragazzi così giovani, che magari immaginiamo a fare altro, a studiare o a cercare lavoro o una fidanzata, passare un pomeriggio a fare del male ad un compagno che a mala pena potrebbe essere il fratello minore?

I giornali non riportano informazioni sufficienti per ricostruire un profilo degli aggressori, che dia il senso della loro azione. Sappiamo che erano tre, tutti di 24 anni, uno di loro, presumibilmente il leader del gruppo e anche quello che ha messo in pratica la violenza, padre di un bambino di 2 anni. Non sappiamo altro, che vita fanno che storia hanno, quali frustrazioni, se ce ne sono state, possono dare il senso dell’azione.

Possiamo solo fare ipotesi. Sappiamo che spesso gli atti di bullismo vengono messi in atto in ambienti e in situazioni in cui mancano figure adulte affidabili, sia come presenza fisica che come figure di riferimento. I tre aggressori sarebbero adulti come età, ma non lo hanno certo dimostrato. Un altra cosa che sappiamo è la ricorrente mancanza di senso morale, sia per l’immaturità, che per le carenze educative, come anche la presenza della noia che, in assenza di alternative, spinge alla ricerca di situazioni eccitanti per passare il tempo, in questo caso la violenza; infine la presenza nelle storie personali, di modelli violenti e crudeli, che spaventano e affascinano nello stesso tempo.

Il comportamento da bullo riduce al minimo lo spazio tra volere e ottenere, tra l’impulso e l’azione e stimola sentimenti di paura e nello stesso tempo di ammirazione nei compagni che più o meno consapevolmente vorrebbero essere al suo posto.

La difficoltà ad entrare in contatto con le proprie emozioni e riconoscere quelle degli altri, così come l’incapacità di esprimere i sentimenti con le parole, possono portare a violenze gratuite, come anche la difficoltà di mettersi in relazione con gli altri.

I comportamenti violenti possono servire a mantenere un livello di autostima accettabile, per riscattarsi magari da violenze subite in casa nel tempo, o per riscattarsi dagli insuccessi (scolastici, sentimentali, professionali,..). Rifiutato e frustrato il bullo si costruisce una realtà parallela in cui è “vincitore”, in cui riesce ad affermarsi.

Un atto di bullismo può avere varie origini: il bisogno di allontanare da sé i vissuti di debolezza o di indegnità, il bisogno di anticipare il rifiuto sociale provocandolo, il bisogno di conferme da parte del gruppo che sostiene tacitamente.

Magari Salvatore, con le sue rotondità, ha incarnato per gli aggressori un modello negativo che non potevano riconoscere in se stessi e che andava perciò allontanato, neutralizzato. E con la sua inferiorità, fisica e numerica ha suo malgrado contribuito all’aumento dell’autostima di chi l’ha aggredito.

Questo episodio è il risultato di una sofferenza di gruppo dove purtroppo il più debole paga il prezzo più alto. Auguro a Salvatore di riprendersi e ai suoi aggressori di non perdere l’occasione per crescere.

 

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