“Non incolpiamo le madri”. Secondo la rivista Nature le donne subiscono troppe pressioni su come devono comportarsi in gravidanza. Pressioni dovute all’eccessiva enfasi che viene data a livello mediatico a ricerche che cercano di dimostrare come l’alimentazione, l’esercizio fisico e lo stress abbiano conseguenze determinanti e spesso definitive sullo sviluppo del bambino. La rivista scientifica critica il clima di terrore creato dalla diffusione degli studi di epigenetica che stabiliscono che un determinato input ambientale precoce, nelle primissime fasi della vita di un individuo, può modificare un dato fisiologico e un comportamento trasmesso geneticamente.
I titoli di giornali anche autorevoli si concentrano nel sottolineare come il comportamento delle madri in gravidanza abbia un impatto pressoché esclusivo sul futuro dei figli mentre fattori come il contributo paterno, la vita familiare e l’ambiente ricevono molta meno attenzione. Questo accade nonostante sempre più ricerche sottolineino come il tipo di dieta oppure lo stress del padre possano modificare gli spermatozoi e aumentare il rischio, nei figli, di malattie cardiache, obesità, diabete. Altri studi riconoscono sempre di più il peso costituito dall’ambiente esterno, dall’impatto degli inquinanti all’esposizione a determinate sostanze tossiche.
Nature spiega che la pressione sulle donne incinta è iniziata negli anni Settanta. Ad essere messi sotto accusa non soltanto l’uso di sostanze come l’alcol, che resta ancora argomento di discussione nei casi di assunzione moderata come dimostra una ricerca danese del 2012, e l’assunzione di determinati cibi, ma anche aspetti come il carattere materno. Una trentina di anni fa, ad esempio, era diffusa una teoria, ampiamente smentita da successive ricerche scientifiche, che metteva in relazione la cosiddetta “madre frigorifero”, la mamma incapace di stabilire un rapporto emozionale con il figlio, con i casi di autismo. Pur non arrivando ad essere così estremi, gli studi sull’origine evolutiva delle malattie a volte rischiano di assomigliare paurosamente a quelli di un tempo perché enfatizzano eccessivamente la responsabilità materna a discapito di tutto il resto e perché spesso sono troppo preliminari per potere essere considerati del tutto validi. Basti pensare che anche una semplice influenza in gravidanza, in uno studio condotto su 814 donne nel 2010, è stata considerata una possibile causa per lo sviluppo di un disturbo bipolare nell’età adulta del bambino.
Una settimana fa un nuovo studio invece sosteneva che le donne che sono nervose hanno bebè che piangono molto. Qualche giorno prima era stato lanciato l’allarme per il tonno in scatola che conterrebbe “alti livelli di mercurio”. Il problema, per Nature, è che, come accade da sempre in ambito medico, le ricerche vanno interpretate da addetti ai lavori e che è bene ricordare che anche le pressioni sociali possono essere nocive per le future madri, che andrebbero lasciate un po’ in pace.