Solo Atene fa peggio. Nel primo trimestre dell’anno il debito dell’Italia è salito fino a superare di slancio i 2.120 miliardi di euro, arrivando a pesare il 135,6% dello stagnante prodotto interno lordo. Nei 18 Paesi dell’Eurozona un dato più alto, fa sapere l’Eurostat, si è registrato solo in Grecia, dove il rapporto è al 174,1%. Ma il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a Bruxelles per presentare il programma di presidenza italiana del Consiglio Ue alla commissione Affari economici del Parlamento europeo, incassa l’ennesima cattiva notizia senza perdere l’aplomb. E invece che ai numeri di Roma pensa a quelli di Berlino, dicendosi preoccupato dai dati macroeconomici che vengono dalla Germania. “Un campanello d’allarme”, li definisce. In effetti lunedì la Bundesbank ha diffuso previsioni che danno l’economia tedesca in stallo nel secondo trimestre, dopo il +0,8% del primo. Ma è anche vero che il Fondo monetario internazionale ne ha appena rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2014, portandole dall’1,7 all’1,9%. 

Insomma: una frenata c’è stata, ma Angela Merkel può ancora dormire sonni abbastanza tranquilli. Non così, ha dovuto ammettere Padoan, il governo Renzi, alle prese con “bassa crescita e alto debito”. Oltre che con la preparazione di una legge di Stabilità che con alta probabilità conterrà una manovra da oltre 20 miliardi. La strategia, ha spiegato il ministro e presidente di turno dell’Ecofin agli eurodeputati, “è stata di combinare due elementi: un aggressivo programma di riforme strutturali forti e misure di sostegno a breve termine” per le categorie in difficoltà “nel rispetto della stabilità finanziaria che è importantissima”. Poi le usuali rassicurazioni sul fatto che l’Italia non chiede di “cambiare le regole” del patto di stabilità e crescita, ma solo di “usare quelle che ci sono nel modo migliore e con lungimiranza”. Anche perché, secondo Padoan “dobbiamo capire che ogni riforma deve essere analizzata in termini di crescita e sviluppo: le riforme strutturali possono avere ricadute non positive a breve termine, ma portano frutti a medio lungo termine”. Tradotto: il ministro, come è noto da tempo, vorrebbe avere il via libera a tener fuori dal calcolo del debito gli investimenti per le riforme strutturali in grado di incidere positivamente sulla crescita. 

Sullo sfondo restano poi i problemi di tutta la zona euro. A partire da “una frammentazione del mercato finanziario molto profonda”, con la Tobin Tax sulle transazioni, per esempio, adottata solo da un gruppo di Paesi tra cui l’Italia, peraltro con risultati in termini di gettito molto inferiori al previsto. Per questo “la presidenza italiana lavorerà per fare progressi sulla cooperazione rafforzata sulla tassazione delle transazioni finanziarie. Non è una questione facile, è importante concordare una tabella di marcia che permetta una introduzione graduale della tassa passo dopo passo”. Secondo Padoan “occorre avere un approccio pragmatico: dobbiamo concordare un meccanismo comune, applicarlo e vedere come opera in pratica”. In più occorre un “tagliando” sul lavoro della Troika “in previsione di nuovi interventi in futuro”: “l’Europa ha costruito un sistema con cui gestire la crisi e abbiamo visto dei benefici con Paesi che sono usciti dai programmi definiti dalla Troika”, ma si devono “anche rivedere le strutture di prevenzione della crisi, sia sul fronte delle riforme istituzionali sia sul fronte delle misure da intraprendere nella gestione”.

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