Cinema

Duran Duran: Unstaged, David Lynch “dirige” la band più amata degli anni ’80

Il ritorno di Simon Le Bon, Nick Rhodes, John e Roger Taylor. "Abbiamo scelto lui perché i prodotti convenzionali non appartengono alla nostra storia. È una persona che cerca ispirazioni e quando le trova, si accende come un fiammifero". Montato su due livelli visivi, il docu-film unisce le riprese realizzate da tre camere diverse

di Letizia Rogolino

“Questo non è un concerto, ma un esperimento, una specie di evocazione dal vivo di immagini musicali spontanee”.  È lo stesso David Lynch per introdurre Duran Duran: Unstaged, il docu-film che lo riporta dietro la macchina da presa dopo quasi otto anni di pausa dal grande schermo. Il maestro del cinema surreale ed onirico, ha avuto l’opportunità di dirigere in live streaming il concerto della band musicale degli anni ’80, che si è svolto il 23 marzo 2011 al Mayan Theater di Los Angeles. 

Simon Le Bon, Nick Rhodes, John e Roger Taylor sono tornati ad esibirsi insieme sul palco, invitando diversi artisti della scena musicale contemporanea, come Gerard Way dei My Chemical Romance, Beth Ditto dei Gossip, Kelis e Mark Ronson. “Abbiamo scelto lui perché i prodotti convenzionali non appartengono alla nostra storia. È una persona che cerca ispirazioni e quando le trova, si accende come un fiammifero” ha spiegato Nick Rhodes, dopo aver confessato la sua passione per il lavoro del regista americano fin da Eraserhead – La Mente che cancella, film del 1977 considerato un cult dalla critica. Mentre Lynch realizzava capolavori come The Elephant Man, Dune, Velluto Blu, fino al più recente Mulholland Drive, i Duran Duran si affermavano nell’Inghilterra musicale di David Bowie e dei Roxette, diventando ben presto una delle band mito del periodo.

Il docu-film Duran Duran: Unstaged, che sarà nelle sale italiane il 21, 22 e 23 luglio introdotto da Morgan e distribuito da QMI e Woovie Nights, riesce a rendere le emozioni della musica della band inglese, attraverso gli occhi di David Lynch, per un’esperienza unica e coinvolgente. “David Lynch aveva completa libertà di stare sul palco e di organizzare quel che voleva mentre noi suonavamo. E così ha fatto. Davanti al montaggio finale non si poteva che rimanere sbalorditi. Mai visto niente del genere” ha aggiunto Rhodes.  

Montato su due livelli visivi, il film unisce le riprese realizzate da tre camere diverse: una che riprende il concerto, una sugli attori in carne ed ossa che recitano a due passi dalla band sullo stesso palco, e la terza, posizionata fissa in una camera piena di fumo. Mentre il concerto fa da sfondo ad ogni inquadratura, altre immagini girate dal regista in un altro momento, compongono un filtro, costituito da animazioni, sketch, sculture e modellini, che interpretano le varie canzoni eseguite come una sorta di videoclip. Come nella maggior parte dei suoi lavori, Lynch si diverte ad elogiare la tecnica mista, sperimentando la contaminazione tra le tecniche cinematografiche e quelle di altre forme visive. Semplici riprese di quello che accade davanti ai suoi occhi, si fondono e si trasformano, grazie all’influenza di collage, pittura, scultura, stop-motion e altri stratagemmi creativi, portando lo spettatore in un’atmosfera surreale e psichedelica, dal sapore vintage. Mantenendo colori deboli, tendenti al bianco e nero, “disturbati” da una buona percentuale di blu e verde, questo docu-film accompagna con immagini le canzoni dei Duran Duran, secondo un registro stilistico folle, che riporta agli anni ’80. “Sei pazzo, ma mi piaci!” disse Mel Brooks a Lynch prima di affidargli la regia di The Elephant Man. Questa sua ‘lucida follia’ continua a conquistare gran parte della critica e del pubblico, che aveva nostalgia dei suoi lavori.

Il trailer ufficiale

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