I soldi per il decreto Irpef bisognava pur prenderli da qualche parte. La prima idea circolata sui mezzi di informazione era “riduciamo gli stipendi di manager di stato, magistrati e docenti universitari”. Giusto: chi è più fortunato, mostri maggiore propensione ai sacrifici per il Paese in un momento difficile.

Uno sforzo è stato richiesto a tutti i ministeri, e per quanto riguarda l’università, la semplice soluzione è stata: riduciamo il Ffo (fondo di finanziamento ordinario, sul quale grava il bilancio delle università) di 30 milioni per il 2014, e 45 milioni ogni anno dal 2015. Se pensiamo che l’importo del Ffo è di 7 miliardi di euro, 30 milioni non sembrano molti (solo lo 0,4%), come affermato da Giovanni Puglisi, fino al 18 aprile vicepresidente della conferenza dei rettori. Una quota enorme del Ffo però (circa il 90%) è destinata a pagare gli stipendi del personale assunto a tempo indeterminato.

Cosa significa quindi da un punto di vista pratico tagliare 30 milioni di euro (o 45 milioni a regime)? Una delle seguenti opzioni.

– Rinunciare a 600 (900 a regime) ricercatori a tempo determinato per un anno (costo annuale : circa 50.000 euro);

– Rinunciare a 1.300 (1.950 a regime) assegnisti di ricerca per un anno (costo annuale : circa 23.000 euro);

– Rinunciare a 2.000 (3.000 a regime) dottorandi per un anno (costo annuale : circa 15.000 euro);

– Rinunciare a  7.500 (11.200 a regime) borse di studio per gli studenti per un anno (costo annuale : circa 4.000 euro);

– Rinunciare in pratica a finanziare tramite i Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale (Prin) tutta la ricerca di base italiana (Finanziamento Prin 2013: 38 milioni di euro);

Per i valori esatti si veda ad esempio sul sito dell’Università di Cagliari.

Insomma, quale delle “fasce deboli” dell’università (persone senza contratto a tempo indeterminato, laureati in formazione, chi desidera “fare ricerca” e non avrà i fondi, studenti) sarà maggiormente colpita? Lo sapremo nei prossimi giorni con la pubblicazione del testo del decreto. La politica di tagliare in minima parte i costi di una struttura (“solo” lo 0,4 % del Ffo!) causando di conseguenza un grave danno strutturale appare una scelta suicida. Questo taglio porterà a danni difficilmente quantificabili. L’aspetto discutibile non è se tagliare e quanto tagliare (che se servisse davvero per il Paese sarebbe inevitabile), ma piuttosto che la riduzione dello 0,4% del Ffo comprometterà lo spendere in modo efficace il restante 99.6%.

Cosa non succederà. Dimentichiamoci che saranno ridotte le retribuzioni di chi è assunto a tempo indeterminato come i professori e ricercatori: al momento nessun intervento legislativo lo prevede e non è mai accaduto in precedenza con nessun governo.

Tutti i recenti interventi “per la razionalizzazione del sistema universitario” si sono rivelati alla fine solo tagli lineari: qualcosa di nuovo sotto il sole?

p.s.: come correttamente osservato da un commentatore, l’ultimo bando Prin si chiama Prin 2012 e non Prin 2013. Tuttavia, il bando del Prin 2012 è stato emanato il 28 dicembre 2012, in pratica destinando risorse per il 2013 e di fatto “saltando” un anno intero di finanziamento. Per  “ovviare” a questo, NON è stato emanato alcun bando per il 2014, cancellando il Prin. Insomma, il taglio dei fondi di ricerca non è una novità assoluta. 

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