Chi l’avrebbe mai immaginato che a Milano, supposta capitale morale del paese, avvenga un numero di operazioni di sospetto riciclaggio pressoché uguale a quello dell’intera Campania?
Nel cuore degli affari finanziari italici, dove ci si vuole sentire spocchiosamente diversi e quindi superiore al resto d’Italia (figuriamoci rispetto al sud Italia!), si tende ancora ad associare il riciclaggio alla presenza radicata della malavita organizzata. Relegando a fatti isolati le “retate” compiute, peraltro con sempre maggior frequenza, dalla magistratura contro il malaffare. Come la scoperta, di cui oggi i media danno conto, di una banca clandestina gestita dalla n’drangheta lombarda e sostenuta da una fitta rete di società di copertura e connivenze autoctone.
Eppure il dato che emerge dai vari rapporti redatti dall’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia (Uif) rispetto alle operazioni di sospetto riciclaggio è già di per sé illuminante di quanto sia pesate la cappa delinquenziale su Milano. L’ultima elaborazione dell’Uif, diffusa nelle scorse settimane, evidenziava come nei primi sei mesi del 2013 a Milano e nell’intera Campania sia stata ricevuta una mole enorme ed assai simile di segnalazioni di operazioni di sospetto riciclaggio: rispettivamente 2.995 e 3.193.
Un’industria, quella del riciclaggio, che, vale la pena ricordare, nel complesso produce un giro d’affari di oltre 140 miliardi di euro, ossia il 10% del Pil nazionale, contro una media europea pari al 5% (almeno stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale).
I numeri delle operazioni sospette nel nostro paese sono eclatanti: nel primo semestre del 2013 (ultimo dato disponibile) sono state 52.317, con un aumento del 267,7 per cento rispetto al 2012, quando erano già aumentate nel 2012 rispetto al 2011 del 207 per cento. E se si va a vedere la serie storica i dati sono ancora più allarmanti: + 13,5 per cento nel 2011; +43,1 per cento nel 2010; + 40,7 per cento nel 2009.
Certo deve far riflettere come poco più del 3 per cento delle segnalazioni provenga dal mondo dei professionisti. Su 1003 delle 31.544 segnalazioni all’Uif nei primi sei mesi del 2013, i notai ne hanno fatte 1003, i commercialisti 65, mentre gli avvocati si sono fermati a 3. Ciò a fronte del fatto che i cosiddetti colletti bianchi – gli esperti di scatole societarie, di ingegneria finanziaria e di operazioni transnazionali utili a ripulire denaro sporco – sono un anello fondamentale nel riciclaggio.
Ecco spiegato perché Ranieri Razzante, che insegna antiriciclaggio all’Università di Bologna ed è presidente di una associazione (Associazione italiana responsabili antiriciclaggio) e blogger de il Fatto Quotidiano da tempo in prima linea perché si giunga al definitivo varo di un Testo unico sull’antiriciclaggio, abbia recentemente ironizzato sul fatto che ora anche i commercialisti vogliano dare il proprio contributo per l’adozione di un provvedimento di riordino sulla materia.
In tutto ciò non deve sfuggire che, come ha detto lo stesso Razzante negli scorsi giorni, “il riciclaggio è un problema globale e come tale può essere affrontato solo alla luce di una manifestazione comunitaria di intenti che deve tradursi in un’azione coordinata a livello transazionale”.
Chissà se il premier Renzi, attorniato come è da tanti esperti di ingegneria finanziaria, saprà far tesoro delle loro invidiabili competenze ed essere, nel semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, un rullo compressore anche sul tema della lotta al riciclaggio internazionale.
Twitter: @albrepaldi