Avete presente il Grand Hotel “La Sonrisa” di Sant’Antonio Abate? Forse no. O forse sì, se avete visto Reality di Matteo Garrone. Le scene iniziali del film, quelle dell’elegantissimo (sic) matrimonio, sono state girate lì.

E “La Sonrisa” è davvero il luogo preferito dagli sposi napoletani, o almeno da quelli che per il giorno più importante della loro vista vogliono esagerare, strafare, dare sfogo alla loro vena kitsch.

Quei diavoli di Real Time, già spacciatori seriali di programmi cult in bilico tra trash e costume, hanno pensato bene di ambientare proprio lì il loro ultimo format, Il Boss delle Cerimonie, andato in onda ieri sera in prima tv.

È andato in scena il trionfo di un certo trash partenopeo, tra cantanti neomelodici, vestiti da sposa eccessivi, serenate notturne e acconciature improbabili. Tutto molto efficace, in effetti, per descrivere una fetta di napoletanità che esiste e che diverte e fa rabbrividire al tempo stesso. Poco comprensibile, in effetti, è risultata l’ondata di indignazione che sui social network si è scatenata mentre andava in onda il programma. Molti meridionali, soprattutto napoletani, si sono affrettati a ricordare che “non tutti i napoletani sono così”. Bene, bravi, bis. Lo sappiamo, ovviamente, e nessuno aveva pensato il contrario. Ma è altrettanto innegabile che quel sottobosco neomelodico, leopardato e cafone esiste, ed è più vasto di quanto pensiamo.

Potremmo anche buttarla in politica e identificare in quel tipo umano l’elettore standard di un signore abbastanza famoso, con i capelli tatuati e il doppio petto, ma per una volta la politica lasciamola stare e concentriamoci sul lato più interessante, quello sociale.

Il Boss delle Cerimonie, se da un lato, stordisce per la concentrazione massima di trash, dall’altro illumina e spiega meglio di mille dibattiti soporiferi una parte cospicua di questo Paese. Inutile indignarsi o continuare a mettere la testa sotto la sabbia: l’Italia è anche questo. Anzi, in alcune zone è soprattutto questo.

Poco male, per carità, nessuno vuole giudicare o ergersi a giudice supremo del buongusto, fustigando chi, per scelta o per indole, è decisamente più incline al trash sfrenato. Quella che ci regala il format di Real Time, che furbescamente non giudica mai, ma lascia parlare le eloquenti immagini, è, piuttosto, una fotografia obiettiva.

Per molti spettatori che non vivono al Sud, probabilmente le immagini sembreranno troppo grottesche per essere vere e si penserà a un artificio televisivo, a una messinscena organizzata. No, nemmeno per idea. Matrimoni del genere esistono, eccome se esistono.

Sull’organizzazione di un matrimonio nell’Italia meridionale, poi, ci sarebbe da scrivere un trattato. È l’evento clou di una abitudine molto meridionale: lo sfoggio di uno status sociale elevato, anche quando non lo si possiede. Il matrimonio della figlia femmina diventa l’occasione per far vedere ad amici e parenti quanto sfarzo ci si può permettere e allora, in barba al precetto imprescindibile secondo cui less is more, giù ad aggiungere attrazioni, cantanti, fuochi d’artificio, portate nel menu. Perché da quelle parti il numero è potenza, c’è poco da fare.

C’è gente che si indebita fino alla fine dei suoi giorni, pur di organizzare il matrimonio più sfarzoso possibile. E chi se ne frega del trash, del kitsch, dell’eccesso volgare. Dove c’è gusto non c’è perdenza. E se il gusto non c’è, pazienza. C’è l’abbondanza, che è segno di buona salute. 

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