Salvatore Cuffaro resta rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia. Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha infatti negato all’ex governatore siciliano l’affidamento in prova ai servizi sociali: l’ex leader dell’Udc siciliana aveva chiesto di andare a lavorare alla Missione Speranza e Carità gestita dal frate laico Biagio Conte. Dopo il primo via libera ricevuto dalla procura generale però, i giudici hanno deciso di non potere concedere la scarcerazione a Cuffaro. L’ex presidente sta infatti scontando una condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, reato che prevede una forma di collaborazione prima dell’affidamento ai servizi sociali. Secondo i suoi legali, gli avvocati Maria Brucale e Giovanni Brancato, non ci sarebbe nessun fatto su cui collaborare, dato che tutti i dettagli dell’inchiesta “Talpe alla dda”, che ha portato alla condanna di Cuffaro, sarebbero già stati chiariti.

Fino ad oggi l’ex presidente ha accettato la sentenza di condanna ma si è sempre dichiarato innocente: particolare che avrebbe inciso sulla sua permanenza nel carcere di Rebibbia, dove occupa una cella al piano terra. “È davvero lunga la serie di fatti che mi portano a pensare che in Italia appartenere ad una certa classe politica non consenta di avere giustizia” scrive in una nota Silvio Cuffaro, fratello dell’ex governatore detenuto per mafia, che si è detto “indignato” per la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma.

Dopo la condanna, Cuffaro è stato radiato dall’ordine dei medici e licenziato dalla Regione Siciliana, da cui era dipendente (ma in aspettativa) dal 1989. Nella cella del carcere romano di Rebibbia ha iniziato a studiare Giurisprudenza, pubblicando anche un libro, Il Candore delle Cornacchie, con prefazione di Monsignor Rino Fisichella. Fino ad oggi l’ex governatore siciliano ha scontato quasi tre anni di reclusione, dato che si è costituito il 22 gennaio del 2011, subito dopo che sulla condanna a sette anni fu applicato il bollo della Corte di Cassazione. Tra buona condotta e sconti dovuti all’indulto, dovrebbe ancora trascorrere almeno due anni e mezzo di reclusione. Sempre che prima o poi l’affidamento in prova ai servizi sociali non gli venga accordato. Per questo però c’è prima bisogno di ammettere la propria colpevolezza.

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