Era il 28 ottobre del 2013. Maurizio Lupi (Ncd), ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ad Alessandria incontrava in una sala convegni gli amministratori locali e le associazioni del territorio alessandrino coinvolti nella realizzazione del Terzo Valico. I lavori per la costruzione del passante ferroviario che devono collegare Genova con Tortona, costo stimato superiore ai 6 miliardi di euro. Previsioni di spesa destinate ad aumentare per la messa in sicurezza dei cantieri. Infatti è ancora oggi alto il rischio di incontrare vene amiantifere nello scavo dei 39 Km di tunnel previsti, questo renderà necessari costosi interventi per non disperdere le polveri nocive in scavi e trasporti. Fabio Lavagno, deputato di Sel, insieme ad altri attivisti NoTav, allora denunciava “si va a scavare in una zona dove c’è amianto e lo si fa a pochi chilometri da Casale Monferrato”. Lupi dal palco dichiarò: “Lo facciamo per la comunità non per gli interessi della politica”.  Ribadendo quanto fosse importante l’opera “non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa”. Proprio per questo, assicurò il ministro “i 6-8 miliardi necessari non verranno calcolati da Bruxelles nella possibile infrazione del patto di stabilità”. A capo della struttura ministeriale che seguiva i lavori c’era Ercole Incalza, ingegnere da decenni impegnato nell’Alta Velocità. Incalza aveva alle spalle diverse archiviazioni di procedimenti giudiziari contro la Pubblica amministrazione e da gennaio 2013 era indagato per associazione a delinquere nell’inchiesta fiorentina sul Tav. Alle domande de ilfattoquotidiano.it sull’opportunità che un un funzionario indagato si occupasse di opere così importanti, il dirigente dichiarò: “Arrivederci”  di Cosimo Caridi

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