Ci abbiamo creduto, abbiamo sperato che una strada diversa fosse ancora percorribile, ci siamo aggrappati a questa speranza per salvarci dal disastroso naufragio della politica italiana, li abbiamo votati. E oggi in tanti ci chiediamo se abbiamo fatto la cosa giusta.
Perché il Movimento 5 stelle, che qualche mese fa riempiva le piazze, dando voce all’indignazione e alla voglia di cambiamento ormai dilagante, quella forza che, come un’onda inarrestabile trascinava con sé quanti ne venivano investiti (non a caso Grillo, da astuto comunicatore, lo annunciava come ‘Tsunami tour’), oggi è diventata una tempesta difficile da domare. Purtroppo non è la tempesta che tutti aspettavamo, quella che avrebbe dovuto spazzare via il marcio che ristagna nei palazzi del potere, ricostruendoli dalle fondamenta, ma è diventata una mareggiata fuori controllo, che sta distruggendo soltanto se stessa.

E proprio laddove tutto è nato, rischia di fallire; nella rete, il web. La rete nasce come strumento democratico, perché dà voce a tutti, è il luogo dove tutti possono esprimersi e farsi portavoce di bisogni, proposte, idee. A Grillo, va certamente il merito di aver riconosciuto la grande potenzialità del web e di aver riunito la piazza reale con quella virtuale, ampliando enormemente i suoi consensi. Ma quello che la rete dà la rete può anche togliere, e da punto di incontro per la nascita di idee condivise può diventare qualsiasi altra cosa; l’abbiamo vista trasformarsi in urna elettorale, poi in buco della serratura da cui spiare incontri tra leader di partito e capigruppo parlamentari, e la cosa ci ha stupito anche positivamente, dandoci la speranza (o forse solo l’illusione) di poter finalmente avere voce in capitolo su scelte importanti. Ultimamente, però, l’abbiamo vista diventare gogna mediatica, complici anche giornali e tg sempre assetati di disgrazie a 5 stelle, e persino tribunale senza appello.

E’ così che una senatrice dissidente viene prima rimproverata, poi giudicata per direttissima dal tribunale della rete, poi cacciata. La rete l’ha creata con il voto, la rete l’ha distrutta allo stesso modo, senza se e senza ma. Quello che sembrava un mezzo democratico, accessibile da tutti, rischia di trasformarsi in una sorta di nuovo sovrano assoluto dell’era digitale.

Perché è vero che la rete è di tutti, ma la politica non possono farla tutti, soprattutto non si può fare da casa con un clic, perché se la tempesta continua a perdere sempre più vigore e qualche onda anomala si distacca per abbracciare correnti miste, soltanto un bravo timoniere sarà in grado di domare le onde. Questo, però, non si può fare dalle piazze o sul web, si deve fare in Parlamento, nei botta e risposta televisivi (eh si, purtroppo la politica si fa anche in tv, è inutile ignorarlo), ovunque si riesca ad arginare il dilagante senso di disfacimento che sta colpendo il M5S. Se un leader carismatico fa la forza di un gruppo, ci vuole anche qualcuno che faccia quadrare i conti, che al momento opportuno riesca a risolvere i contrasti interni, normali in ogni movimento politico, soprattutto se appena nato, che sappia smorzare i toni, soffocare le polemiche e riportare l’attenzione su ciò di cui la politica dovrebbe realmente occuparsi, temi come economia, lavoro, crescita, giustizia. E’ questo che cinque mesi fa gli elettori hanno chiesto a Grillo, è questo che tutti chiediamo ancora.
E vogliamo ancora crederci.

Siamo stanchi di questa politica da soap opera, che quotidianamente ci tiene occupati con beghe di partito e scandali più o meno annunciati, che ci distrae dalle cose importanti e nel frattempo fa ben poco per risolvere problemi concreti. Il palinsesto del giorno è sempre lo stesso: sit-com a 5 stelle o governo in stallo? Noi ci siamo stufati, vorremmo cambiare canale.

Viviana Verri

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