In tutto il 2012, nel Regno Unito, 245 persone sono state arrestate per terrorismo, un aumento del 60% rispetto al 2011. Così, proprio nell’anno delle Olimpiadi di Londra e dell’immagine propagandata al mondo – da molti ritenuta retorica – di ordine, tranquillità e sicurezza, 245 persone sono finite in carcere per essere sospettate, a torto o a ragione, di aver minacciato, in un modo o nell’altro, la quiete della società britannica. L’anno precedente erano state 153, anche se va detto che di queste 245 solo 45 sono poi state condannate per un reato terroristico, mentre 33 sono ancora in attesa di un processo. A rivelarlo è il ministero dell’Interno di Sua Maestà, che ha anche diffuso il dato degli ultimi 12 anni di attività poliziesca. Dall’11 settembre 2001, momento dell’avvio della “guerra al terrore”, 2.291 persone sono state arrestate nel Regno Unito per terrorismo. Al momento, 134 detenuti sono in prigione per lo stesso reato, una ventina dei quali per “estremismo domestico” o “separatismo”, mentre gli altri per “vicinanza ad al-Qaida”.

Il 2012, appunto, è stato l’anno della prova di forza. I missili della contraerea sui tetti dei palazzi delle zone più vicine al villaggio olimpico, la militarizzazione della città con soldati e guardie private, centinaia di metal detector nelle zone più a rischio e persino navi da guerra sul Tamigi: tutto questo si è reso necessario, dicono da London 2012, il comitato organizzatore dei giochi, per garantire la pace e la tranquillità di Olimpiadi e Paralimpiadi.

Eppure il ministero dell’Interno agiva nell’ombra, arrestando decine di sospetti e fermando chiunque destasse la minima preoccupazione. Così, nei tre mesi precedenti l’avvio dei Giochi, sono state arrestate più di 60 persone, in aumento del 50% rispetto ai primi mesi del 2012. Un colpo, ora, all’immagine “postuma” delle Olimpiadi, uno dei momenti più complessi, per le forze dell’ordine, della recente storia di Londra. Persino chi lavorava nell’enorme centro commerciale a poche centinaia di metri dal parco olimpico veniva controllato anche nei minimi movimenti, come successive inchieste giornalistiche hanno dimostrato. Uno stato d’allerta elevato che incrementò di molto il lavoro dell’intelligence britannica.

Eppure, anche l’Home Office lo ha sottolineato. Perquisizioni e arresti sono stati molto più mirati, se è vero che “solo” 720 persone sono state soggette alla controversa pratica dello stop and search, che consente alla polizia britannica di fermare e controllare chiunque attiri l’attenzione delle forze dell’ordine. Pratica più volte criticata dalla Corte europea dei diritti umani e che, infatti, si è fortemente ridotta negli ultimi anni. Solo a metà anni 2000, gli stop and search erano, ogni anno, nell’ordine delle decine di migliaia. Nel 2012, appunto, 720: di questi, 287 hanno interessato persone bianche, 243 asiatiche e 80 persone di origine africana oppure riconducibili alla categoria “nero britannico”. E non è un caso che il ministero dell’Interno sottolinei questi dati, anche per evitare le accuse di razzismo che solitamente vengono rivolte alla polizia, con studi che dimostrano che un nero, nel Regno Unito, ha mediamente sei volte in più la possibilità di essere fermato e perquisito durante un controllo delle forze dell’ordine.

 

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