A Papa Francesco il cerimoniale vaticano non va proprio giù. A rompere nuovamente il tradizionale protocollo è stato un annuncio, da alcuni atteso, da altri temuto: Jorge Mario Bergoglio, almeno per il momento, non andrà a vivere nell’appartamento pontificio al terzo piano del Palazzo Apostolico vaticano. Rimarrà nella Casa Santa Marta, l’albergo voluto da Giovanni Paolo II dentro le mura della Città leonina per ospitare i porporati elettori durante il conclave e che, fuori dal periodo della Sede Vacante, accoglie tutti coloro che hanno rapporti con la Segreteria di Stato vaticana: cardinali, vescovi, nunzi, ambasciatori e illustri rappresentati di altre confessioni religiose.

Francesco si è già trasferito nella suite riservata al “Papa eletto”, al secondo piano della struttura alberghiera, lasciando libera la stanza che gli era stata assegnata per sorteggio alla vigilia dell’inizio del conclave. Una suite realizzata per ospitare il neo Pontefice soltanto nelle prime settimane di regno, in attesa che, tolti i sigilli all’appartamento pontificio, fossero realizzati i lavori di manutenzione ordinaria di cui necessita ogni abitazione. Benedetto XVI vi trascorse quasi un mese perché, dopo i ventisette anni di pontificato di Giovanni Paolo II, l’appartamento del Papa necessitava di una ritinteggiatura, ma soprattutto bisognava mettere a norma tutti gli impianti che non erano mai stati manutenzionati durante il lunghissimo regno di Wojtyla. Francesco, invece, appena due settimane dopo la sua elezione, avrebbe già potuto prendere possesso delle stanze riservate al Papa nel Palazzo Apostolico vaticano, perché dopo gli otto anni di regno di Ratzinger, non erano necessari numerosi interventi di manutenzione. Ma Bergoglio ha deciso diversamente. “Troppe stanze inutili” aveva commentato Francesco entrando per la prima volta nell’appartamento pontificio il giorno dopo la sua elezione. Ma forse ciò che più ha fatto riflettere il Papa argentino è stato il rischio di perdere definitivamente il contatto con i dipendenti vaticani che ogni mattina, alle 7, assistono alla Messa da lui celebrata nella cappella di Casa Santa Marta dedicata allo Spirito Santo. “Chissà quando deciderà di fare il Papa”, sussurra qualche prelato in Vaticano.

Dopo aver rifiutato la croce d’oro, la mozzetta e le scarpe rosse, la macchina ufficiale targata SCV1, aver chiesto agli uomini della Gendarmeria, guidati dal comandate Domenico Giani, di non impedire al popolo di abbracciare il vescovo di Roma, aver scelto di indossare paramenti semplicissimi, ridotto la durata delle celebrazioni liturgiche, il gesto, seppur non definitivo, di non abitare nell’appartamento pontificio, mentre suscita un’ovazione di consensi tra i fedeli, provoca non poche e taglienti critiche all’interno dei sacri palazzi. La povertà incarnata da Papa Francesco che dichiara ai giornalisti di volere una “Chiesa povera e per i poveri” viene letta in forte contrapposizione con l’opulenza ostentata da alcuni cardinali, vescovi e monsignori che girano in Vaticano a bordo di auto lussuose, vivono in appartamenti di diverse centinaia di metri quadri arredati con opere preziosissime e al collo indossano croci pettorali d’oro dove sono incastonate pietre di grande valore. Che cosa succederebbe se Francesco scegliesse definitivamente di non vivere nell’appartamento pontificio? Sulla carta la decisione, seppur rivoluzionaria, non costituirebbe un modifica rilevante agli appuntamenti pubblici e privati del Papa. Bergoglio, infatti, già da alcuni giorni, riceve cardinali, vescovi, ambasciatori e capi di Stato e di Governo nell’appartamento dell’udienze pontificie al secondo piano del Palazzo Apostolico vaticano. Da questo punto di vista la prassi viene rispettata con tutte le misure di sicurezza necessarie per fare in modo che quel luogo sia inaccessibile a chi non è invitato. Del resto, sarebbe strano ipotizzare una soluzione diversa. Non bisogna nemmeno dimenticare, però, che l’appartamento pontificio è stato il palcoscenico della vicenda Vatileaks. È in quelle stanze, infatti, che l’ex maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, trafugò alcune carte riservate del Papa. Il rifiuto di Bergoglio di vivere tra le mura dove si è consumata una delle pagine più oscure del regno di Ratzinger, se fosse definitivo, potrebbe essere anche un segnale per i lupi e i corvi che attendono che la “luna di miele” di Francesco termini presto.

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