Con una nuova lettura del Regio Decreto 1827 del 1935, giorni fa la suprema corte di Cassazione ha cancellato il sussidio di disoccupazione per artisti dello spettacolo. Questo significa che il mondo già privatissimo di teatro e cinema perde un ammortizzatore sociale non riconoscendo come lavoratori attori, registi, scenografi, fonici, datori luce, musicisti e cantanti, orchestrali e coristi, tutti soggetti che però all’Inps i contributi li pagano eccome.

Va da sè che un Regio Decreto in 65 anni di vita Repubblicana avrebbe dovuto avere modo di essere sostituito o quanto meno emendato. E invece no, diventa l’ennesima foglia di fico rivelatrice della precarietà delle nostre vite. Tutte le vite, mica solo quelle dei lavoratori dello spettacolo, perché di regi decreti e regolamentazioni siamo ancora pieni e simili bombe a orologeria legislative sono pronte ad esplodere un po’ ovunque.

Sono certo essere chiaro a tutti che i lavoratori dello spettacolo non sono solo quei nomi di artisti che i giornali amano stampare a caratteri cubitali per riempire i titoli, sono invece soprattutto un larghissimo popolo di capaci lavoratori, a loro volta artisti, che producono una mole enorme di lavori teatrali, musicali, operistici e cinematografici che hanno un enorme rilievo per ogni aspetto che le nostre vite, nessuno si senta escluso, assumano. Questo significa che l’economia già precaria delle loro vite ha subito un nuovo colpo e mentre tutto si svolge nel silenzio l’ansia si trasforma in angoscia, la precarietà in un lusso ambito per chi frequenta i paraggi della povertà.

Proprio recentemente è stata da più parti posta con forza la questione del lavoro parlamentare, non c’è dubbio che questi signori avrebbero dovuto, in 65 anni, trovare il tempo per ridisegnare regie leggi e regi decreti, soprattutto in virtù del fatto di essere i meglio pagati d’Europa percependo fino al triplo degli stipendi dei loro colleghi anche francesi e tedeschi.

Come spiegare la colpevole dimenticanza? Certo questo attuale parlamento ha dovuto preoccuparsi più di proteggere il presidente del consiglio dei Ministri dagli effetti della rivelazione dei suoi nefandi comportamenti, certo ha partorito ben poco lavorando per nulla sulle reali esigenze dei cittadini italiani, ma viene spontaneo chiedersi se, viste le teste pensanti (?), non sia stato meglio così.

Più urgente sorge la domanda sul come convincere o costringere la classe politica e parlamentare a lavorare con equità ed efficacia. Prima o poi l’individuo di bassa statura, prima di tutto morale e poi anche fisica, che occupa il posto di presidente del consiglio dei Ministri verrà messo da parte e allora crollerà anche il suo governo da operetta di nani e ballerine, la cricca di opportunisti e tagliaborse di cui si è circondato.

Restando fermo il problema, come convincere i parlamentari a restituire agli italiani i diritti di cui li hanno privati in questi anni? Se ne pone ora uno nuovo, come restituire ai lavoratori dello spettacolo il loro status di lavoratori con annessi diritti?

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