La procura di Bari è ancora in grado di condurre la delicata inchiesta sulle centinaia di migliaia di euro versate da Silvio Berlusconi a Giampaolo Tarantini, tramite il faccendiere latitante Valter Lavitola? La domanda è obbligata dopo che il gip Sergio Di Paola ha respinto la richiesta di revocare il provvedimento di arresto per Lavitola, avanzata a sorpresa dal  procuratore aggiunto Pasquale Drago. Il magistrato, sebbene tre giudici del tribunale del riesame di Napoli avessero sostenuto l’esatto contrario,  aveva chiesto la revoca del provvedimento per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza. Secondo lui i soldi versati, le deposizioni testimoniali e le intercettazioni telefoniche, non bastavano per rendere solida l’indagine per  induzione a mentire aperta nei confronti dell’editore dell’Avanti: niente “gravi indizi”.

Più di un osservatore aveva però sottolineato come questa scelta di fatto evitasse a Drago di dover di affrontare la spinosa questione dell’iscrizione di Berlusconi sul registro degli indagati.  E come, sopratutto,  rendesse impossibile  un’eventuale richiesta di emissione di un’ordinanza di custodia cautelare confronti del premier. Un’ipotesi che adesso torna attuale. Infatti se davvero Lavitola deve andare in carcere per aver indotto Tarantini alla menzogna è difficile pensare che il suo presunto mandante, Berlusconi, non rischi di trovarsi (dal punto di vista giuridico) nella medesima condizione.

Nella richiesta di revoca dell’ordinanza contro Lavitola, Drago aveva evidenziato come fosse certo che Tarantini, durante i suoi interrogatori, avesse mentito. Anche per Drago, al contrario di quanto sostenuto da Tarantini, Berlusconi era al corrente della reale professione (la più vecchia del mondo) di molte delle ragazze portate a Palazzo Grazioli, villa La Certosa e Arcore. Il magistrato aveva però aggiunto che non si poteva essere sicuri  sul perché di questa bugia. Per lui i regali del premier fatti arrivare tramite Lavitola (soldi, assistenza legale, una casa e un lavoro – fasullo -in virtù del quale Tarantini era stato scarcerato) non bastavano per dimostrare che quella fosse una menzogna a pagamento. E aveva detto che al massimo quello di Lavitola poteva essere considerato un tentativo di induzione alla menzogna.

Per il gip – e per i giudici del tribunale del tribunale del riesame di Napoli – invece “gravi indizi” dicono l’esatto contrario. Le somme sono state versate. Tarantini ha mentito. Il cerchio è chiuso. E ovviamente, visto che il faccendiere è latitante e ha detto esplicitamente di non voler tornare, il pericolo di fuga, più che un pericolo è una certezza.

L’atteggiamento estremamente morbido di Drago – che a questo punto dovrà in un modo o nell’altro quantomeno tentare d’interrogare Berlusconi – s’inserisce però in un quadro ancor più complicato. Il procuratore aggiunto conduce infatti l’indagine da solo, dopo che il suo superiore, il procuratore Antonio Laudati, è stato costretto ad astenersi perchè fnito sotto inchiesta a Lecce proprio per il caso Tarantini. Laudati, un magistrato descritto da alcune testimonianze come legatissimo all’ex ministro della Giustizia, Angelino Alfano,  è sospettato di aver fatto di tutto per rallentare l’indagine sulle escort a Palazzo Grazioli.

Nonostante la delicatezza della situazione, Drago ha però scelto di seguire il fascicolo su Lavitola da solo, senza ricorrere all’aiuto di altri pubblici ministeri. Nemmeno di quello dei magistrati che si occupavano, sottola stretta supervisione di Laudati, del caso Tarantini.

Qualcosa, insomma, non torna. Anche perché almeno un fatto dimostra che a Bari, nei mesi scorsi, le cose non sono andate per il verso giusto.  Durante la sua deposizione davanti al Csm Laudati ha, infatti, elencato una lunga serie di presunte fughe di notizie riguardanti l’indagine sulle escort e ha sostenuto che dopo il suo insediamento la procura è rimasta invece blindata. Nell’elenco dei fascicoli aperti per violazione del segreto investigativo ne manca però uno. Che verosimilmente  non è mai stato aperto. Quello riguardante gli articoli di Panorama, il settimanale della famiglia Berlusconi, che un anno fa parlò con grande evidenza di un filone d’indagine in cui veniva ipotizzato un complotto ai danni del premier. Una macchinazione, ordita da imprenditori vicini a Massimo D’Alema,  tesa a portare a casa di Berlusconi la escort Patrizia D’Addario, per poi far esplodere lo scandalo.

Ebbene, stando a una deposizione al Csm di uno dei pm di Bari, Eugenia Pontassuglia, Tarantini avrebbe parlato del presunto complotto spontaneamente durante un interrogatorio. E davanti alla sorpresa di chi lo interrogava per la decisione di affrontare un argomento del genere che non trovava riscontro credibile nelle carte, il suo avvocato Nicola Quaranta, avrebbe spiegato che questo era uno dei punti che proprio Laudati aveva chiesto di chiarire.

Sempre Panorama è poi il giornale che grazie a uno scoop sulla richiesta di arresto nei confronti di Lavitola (per il reato inizialmente ipotizzato di estorsione) ha di fatto provocato la fuga del faccendiere. Anche in questo però le indagini latitano. Il nuovo ministro della giustizia, Nitto Palma, ha infatti deciso di inviare, tra le polemiche, i suoi ispettori a Napoli con il compito di chiarire una sola fuga di notizie, che danni all’inchiestae non ha provocat0: quella del settimanale concorrente L’Espresso, riguardante il riassunto di un’intercettazione tra Lavitola e il premier.

Insomma, se davvero le grandi manovre per salvare il Cavaliere ci sono state, ancora non si sono fermate. Adesso però il gip mette un primo punto fermo. Ed entro 3 giorni, come stabilisce la legge per il faccendiere sarà emesso un nuovo ordine di cattura internazionale.

Articolo Precedente

Lo scandalo delle missioni dei giudici amministrativi

next
Articolo Successivo

Nitto Palma vuole che i giudici paghino di più

next