Tra qualche giorno i brandelli di quella che fu la solida maggioranza berlusconiana approveranno la legge finanziaria. Ci racconteranno le solite favolette: l’Italia rispetta il patto di stabilità europeo, il governo non peggiora il debito pubblico, la crisi economica non esiste, oppure c’è ma non si vede. Mentre l’Italia tracolla sul piano etico, sempre più divorata dalla corruzione, con le istituzioni intrise da una crescente mafiosità e con la povertà che aumenta in modo esponenziale contaminando quello che un tempo era il ceto medio, il governo e la maggioranza non danno risposte, non offrono soluzioni. Il nulla per la lotta all’evasione fiscale che consentirebbe di recuperare miliardi di euro, si accompagna alla distruzione della storia e del futuro del nostro Paese: briciole sia per il patrimonio artistico, archeologico, storico e paesaggistico che per la cultura, la scuola, l’università, la ricerca.

Un Paese che non investe in sviluppo e ricerca è un Paese che si condanna alla depressione. Si rinuncia alla competitività internazionale, si favorisce la fuga dei cervelli, si colpiscono i luoghi in cui si forma il pensiero libero e critico. Del resto, il miglioramento della qualità della vita e il consolidamento delle libertà sono colpi micidiali per la borghesia mafiosa. Il governo Berlusconi con i cortigiani da Palazzo rafforza, invece, la spesa pubblica criminogena. Vedremo ingenti risorse per le armi, per i grandi eventi delle cricche, per le privatizzazioni, per coloro i quali propongono modelli economici vetusti.

La costruzione dell’alternativa al berlusconismo si consolida anche con la realizzazione di una Finanziaria alternativa in cui si coniughi il diritto con lo sviluppo economico, il lavoro con il capitale, l’utilizzo dei fondi pubblici con la lotta alla criminalità. È necessario un ruolo pubblico nell’economia così come uno statuto dei beni pubblici che si coniughino con una nuova politica industriale che sia anche da stimolo all’economia privata e che, al contempo, tuteli l’occupazione e si fondi sulla green economy. Il lavoratore e le persone, con i loro diritti, devono essere i protagonisti di un’economia al servizio del bene comune; si devono tutelare i posti di lavoro, ridurre la precarietà, innalzare i salari e il potere di acquisto, consolidare gli ammortizzatori sociali. Accanto alle politiche ambientali e sociali – con la realizzazione di opere pubbliche utili al Paese e non alle cricche e alle mafie – quelle del welfare, come la promozione del diritto allo studio e il reddito di disoccupazione.

Le imprese vanno sostenute attraverso incentivi per l’innovazione, la ricerca, l’accesso al credito, nonché le riconversioni a produzioni che coniughino diritto al lavoro con quello alla salute. La lotta all’evasione fiscale si deve accompagnare a politiche di giustizia fiscale: tassazione delle rendite finanziarie, delle transazioni speculative e dei grandi patrimoni. Si tratta solo di alcuni spunti che dimostrano che è pronto un manifesto per un’altra manovra economica possibile e che anche in tempo di crisi vi può essere una politica virtuosa che applichi l’art. 3 della Costituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.