Dieci giorni. Tanto è bastato ai magistrati Francesco De Falco e Henry John Woodcock della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli con il procuratore aggiunto Filippo Beatrice e  gli agenti della Squadra mobile per stringere le manette ai quattro responsabili che lo scorso 4 gennaio in via Annunziata al rione Forcella, in un tentativo di estorsione a un ambulante senegalese, che si rifiutò di versare l’obolo, ferirono a colpi di pistola tre immigrati e una bambina di 10 anni, che si trovava di passaggio nei vicoletti del centro storico di Napoli con il papà.

Un episodio grave, gravissimo che subito portò alla memoria l’uccisione di Annalisa Durante, 14 anni, vittima innocente, sempre a Forcella, di un regolamento di conti tra camorristi. Era il 27 marzo del 2004. Dodici anni non trascorsi invano. Nel dedalo dei vicoli all’ombra del Duomo tante cose sono cambiate. Ora a Forcella proprio nel nome di Annalisa c’è una scuola, una ludoteca, una biblioteca. Tra enormi sacrifici e sforzi immani si sta cercando di attuare un progetto sul medio e lungo periodo: trasmettere valori e buone pratiche ai bambini di Forcella. Fargli vedere, guardare, raccontare un’altra città possibile. Dovremmo seguire quell’esempio. C’è una Napoli silenziosa e laboriosa che frigge il pesce con l’acqua resistendo, combattendo ma continua ad avere paura. C’è un elemento costitutivo, diciamo di tradizione familistica e di discendenza malavitosa, che determina e affida surrettiziamente pezzi di città in mano a bande.

Lo sappiamo e questo non significa esserne tacitamente collusi o parte di quel sistema. Se entri nelle dinamiche, vivi la realtà, respiri in diretta i fatti, ti accorgi che le cose sono molto più complesse di come le percepisci nella superficie. Realtà difficili, frastagliate che devono essere affrontate con analisi rigorose, strumenti adatti senza buttare tutto nella solita inutile e deleteria ammuina.

E’ un’avvertenza che vale come premessa, sempre. Ci sono storie in discontinuità come quella di Mouhmadou, 36 anni, entrato nel mirino dei guaglioni perché per tre volte si è rifiutato di versare la “tassa della tranquillità“. Anzi non appena è stato minacciato non ha esitato a reagire e dare una capocciata in faccia all’estorsore. La nuova Napoli e i nuovi partenopei parlano tutte le lingue, come premonizzò il compianto Ermanno Rea. Mouhmadou è andato alla Squadra mobile e ha raccontato tutto per filo e per segno mettendoci la faccia. Un esempio da imitare. Sono bastati solo dieci giorni ai magistrati e alla polizia per raccogliere indizi, prove e riscontri così da costruire un’ordinanza di custodia cautelare.

A Napoli ci sono  in circolazione bande di maledetti criminali, bamboccioni viziati e psichiatricamente sofferenti che esercitano il terrorismo camorrista per incutere paura, terrore. Al mercato della Maddalena si è sparato perché un immigrato si è rifiutato di versare 20 euro a settimana agli estorsori come fanno in molti, napoletani compresi.

Le indagini dell’anticamorra hanno mostrato che a seguito delle condanne di molti esponenti dei gruppi criminali dei Giuliano, Sibillo, Amirante e Brunetti quel vuoto di potere a Forcella è stato occupato da fiancheggiatori autoaccreditatisi del gruppo dei Mazzarella. Accade in tutti i quartieri. Gli estorsori alla Maddalena operano anche per conto dei commercianti ambulanti partenopei. La tassa in più di 20 euro imposta agli immigrati è dovuta anche agli sconti che praticano sulla merce in vendita gli ambulanti stranieri per contenere una sorta di surreale concorrenza sleale.

In generale ciò che preoccupa è una condizione sociale spaventosa della città che indirettamente a ciclo continuo fornisce eserciti di potenziali criminali. La riassumo con le parole di Isaia Sales, studioso e storico dei fenomeni criminali che più di tutti sta mostrando grande capacità d’analisi nel leggere una realtà complessa e dalla oggettiva difficoltà interpretativa. “Napoli è ancora oggi l’unica grande metropoli dell’Occidente a essere caratterizzata da una sproporzione impressionante tra popolazione e risorse, da una presenza massiccia di ceti sottoproletari nel cuore del suo centro storico, da una impossibilità di mezzi per integrarli socialmente ed economicamente. L’economia illegale e l’accumulazione delinquenziale, in alcuni momenti topici della vita sociale della città, hanno sostituito ciò che il mercato e lo Stato non erano in grado di coprire. Le camorre sono il lato oscuro di questo storico, inaccettabile equilibrio. Ieri come oggi”. Non aggiungo altro. Tocca anche al Comune di Napoli mettere in sicurezza i mercati popolari di Napoli.

Un esempio da seguire è l’esperienza di via Bologna, a pochi passi dalla stazione centrale di Napoli. Gli ambulanti immigrati e napoletani pagano le tasse e vendono merce legale. Un modello costruito 10 anni fa grazie all’impegno Associazione Antirazzista Interetnica “3 Febbraio” di Gianluca Petruzzo. Fatti, insomma, e non chiacchiere formato spot. Credo che il Comune di Napoli e l’ambasciata del Senegal una cosa debbano fare: costituirsi parte civile nell’eventuale processo a carico dei quattro criminali arrestati sabato scorso. Ecco il vero fuoco su Napoli: la voglia di liberarla dalle camorre e da uno sguardo che spesso non le dà scampo.

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